Anche Radio Popolare scopre che Pisapia non piace più

Aumentata la Tarsu, ma marciapiedi pieni di cacca

Anche Radio Popolare scopre che Pisapia non piace più

Il bello della diretta è mettere in palinsesto una mezz’ora per celebrare il primo anno di Giuliano Pisapia sindaco e scoprire che i milanesi non ne possono già più. Soprattutto se a farlo è uno dei grandi elettori del sindaco, quella Radio popolare che ha fatto dell’etere uno dei più efficaci canali di promozione della rivoluzione arancione. Perché non c’è dubbio che una buona fetta della sua elezione Pisapia la debba proprio all’emittente più amata dal popolo della sinistra. Ma non solo, visto che ad esempio la bella trasmissione della mattina «Localmente mosso» è un ottimo barometro per capire che aria tiri in città. Come nella puntato di ieri, condotta dal sempre bravo Massimo Bacchetta, dove dopo le notizie e la rassegna stampa, parte la celebrazione di Pisapia. Lettura di mail, interviste per strada e soprattutto telefonate in diretta: tutti gli ingredienti di una buona trasmissione radiofonica d’attualità. E proprio qui vien fuori la sorpresa, perché a non sopportare più Pisapia non son tanto gli elettori del centrodestra che ovviamente rosicano, ma proprio chi Pisapia l’ha votato. Riascoltare in podcast per credere. Perché a chiamare sono ovviamente tutti elettori di sinistra, innamorati delusi per le promesse non mantenute. Le più diverse, dai grandi sistemi della politica alle cacche dei cani.
Pisapia mi ha deluso perché «il vero sindaco è Tabacci, è stato solo un ricambio di borghesia al potere». Ideologico e vetero marxista, ma piuttosto chiaro. D’altra parte Pisapia in parlamento ci andò con un partito che aveva ancora la falce e martello nel simbolo. E l’ascoltatore è più coerente di lui. «La giunta Pisapia? Fallimentare, tutta». Non sospettabile di estremismo una deliziosa signora che dopo aver votato Pisapia, si lamenta «per le deiezioni canine che sono rimaste sui marciapiedi e questo nonostante abbiano aumentato la Tarsu». Perché il milanese si lamenta però paga, ma i servizi li vuole a posto. A Pisapia (e son più di uno) la sinistra non perdona «la svendita del patrimonio pubblico come la Sea». Oppure «lo sgombero del mercatino di Bonola». Pisapia non fa niente per chiedere ai milanesi «quali siano le priorità del bilancio, di certo non va bene la svendita delle partecipate». Non c’è dubbio, gli ascoltatori di Radio popolare sanno bene di che parlano. Capitolo traffico. Male l’Area C e le «domeniche a piedi sono inutili perché si decidono indipendentemente dal livello degli inquinanti». Ma sul ticket c’è anche un commerciante con negozio in centro che dice il pedaggio faccia bene ai suoi affari («io lo voterei ancora»). Da presentare ai colleghi.
Per interrompere la gragnola di critiche, il conduttore legge una mail: «Pisapia c’era alle cerimonie per Fausto e Jajo, nessun sindaco l’avrebbe fatto». Forse. Ma c’è subito chi dice che sui centri sociali Pisapia ha fatto tante promesse e pochi fatti. È lo zoccolo duro che si ribella. «Vogliamo la sinistra al potere e invece al potere ci troviamo Prodi, Pisapia e Tabacci». Collegamento esterno per prender fiato. «Io ho votato Pisapia, il cambiamento è sempre positivo, bene l’Area C». Finalmente uno convinto. «Cosa ha fatto di buono?», chiede diligente la giornalista. «Non lo so, io non abito a Milano, non posso valutare». «Qui c’è qualcosa che non funziona», sottolinea onesto il conduttore dalla redazione. E allora via con le rimostranze. «Pisapia è un uomo di potere come tutti gli altri». È andato a «Macao, lì erano tutti figli di papà». Arriva l’anticlericale. Sgridato anche per aver aggiustato la veste del Papa che svolazzava al vento. «I grandi uomini si giudicano anche dai piccoli gesti» e lì Pisapia ha dimostrato di essere «un microbo».

Una signora che non usa internet si lamenta di non riuscire a «sapere che cosa abbia fatto in un anno». Un’altra gli rimprovera la «poca eloquenza». Forse voleva dire «eloquio», corregge esausto il conduttore. Buon compleanno Pisapia e benvenuto nel club dei politici. Quelli che non ne fanno mai una giusta.

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