«Forse non sapremo mai veramente com'è morta la signora Di Vita: potrebbe aver aperto la porta al suo aggressore che poi l'ha fatta cadere per la foga di rapinarla, facendole venire un infarto. Tuttavia non possiamo nemmeno escludere che, trovandolo già in casa al suo rientro, sia rimasta vittima di un tale choc e che il cuore abbia ceduto e, successivamente, sia caduta. Del resto nemmeno l'ecchimosi trovatale sulla fronte, visto che il cadavere è stato rinvenuto casualmente oltre una decina di giorni dopo il delitto, ai medici che svolsero l'autopsia non sembrò determinante a causarne la morte. Comunque non poteva affermarsi con certezza».
Il dirigente della squadra mobile di Milano Alessandro Giuliano ha guidato un'inchiesta durata oltre dieci mesi per un omicidio che la Terza sezione disperava di risolvere visti i pochi elementi evidenti e i troppi addirittura inesistenti. Si è dovuto lavorare «di fino», a strettissimo contatto con la Scientifica, confidando nella pazienza e nella fortuna per trovare chi aveva ucciso Anna Di Vita, 83 anni, originaria di Fucecchio, ex sarta su misura, rinvenuta cadavere in un bilocale-alveare di 33 metri quadrati, al secondo piano di uno stabile popolare in via dei Giaggioli 9, al Lorenteggio. L'anziana venne trovata morta giovedì 10 aprile da una dipendente della cooperativa di servizi sociali che occasionalmente, viste le difficoltà di deambulazione sopraggiunte con l'età, l'accompagnava alle visite mediche. Vennero interrogati tutti nel condominio, ma nessuno ricordava di aver aveva sentito nulla alla fine di marzo
Gli assassini non professionisti non sono affatto contorti, alcuni davvero banali, la maggior parte - uccidendo solo per tirare a campare e rubacchiare qua e là - sono addirittura maldestri. Così se Costantin Ionut Liusnea - il romeno 22enne ritenuto responsabile dell'omicidio della signora Anna - dopo aver messo a soqquadro l'appartamentino per portarsi via alcuni gioielli, non avesse lasciato le sue impronte digitali all'interno dell'anta di un armadietto del soggiorno, probabilmente non gli si sarebbe potuto dare la caccia. E, ancor prima di questo, sarebbe stato davvero introvabile se, circa sei mesi prima della rapina-delitto di via dei Giaggioli, non fosse stato fotosegnalato per strada, un'«operazione» che ne ha decretato la fine se vogliamo.
Da quel momento, inoltre, il romeno compie un errore dopo l'altro. Tornato in Italia a fine febbraio 2014 e probabilmente immemore del fotosegnalamento dell'ottobre 2013 - come testimoniano le sue utenze telefoniche (che si è ben guardato dal cambiare dopo l'omicidio) - Liusnea riparte da Milano per Atene (dove ora è in carcere per una serie di rapine, ndr ) il 2 marzo in aereo.
Prima, però, vende i preziosi rapinati alla Di Vita in un compro oro in via dei Biancospini, a meno di 600 metri da via dei Giaggioli. Lì c'è anche la «famosa» collanina con la Madonnina che la signora Di Vita portava sempre al collo. E che, al momento del ritrovamento del suo cadavere, era sparita.