Arrestato finto tassista che stuprò una turista

«Un ispanico». Asciugate le lacrime e recuperata la lucidità, ha portato gli investigatori fino al suo stupratore, un balordo di origine salvadoregna, recidivo, pregiudicato, clandestino

Arrestato finto tassista che stuprò una turista

«Un ispanico». Asciugate le lacrime e recuperata la lucidità, ha portato gli investigatori fino al suo stupratore, un balordo di origine salvadoregna, recidivo, pregiudicato, clandestino. E affiliato a una gang latino americana tra le più temute, gli Ms18 (Mara Salvatrucha), «figlia minore» ma non meno crudele, del più noto Barrio 18. E tre giorni dopo essere stata violentata - il 17 settembre scorso, al termine delle sue vacanze milanesi e in procinto di prendere un bus per far rotta su Venezia - ha invece lasciato l'Italia con un volo diretto in Canada, la sua terra. Con un bagaglio pieno di amarezza, sì, ma anche di rinnovato coraggio.

Collaborazione decisiva, più che mai determinante stavolta quella della vittima, una studentessa universitaria 29enne di origine canadese

abusata intorno alle 5 di mattina di due mesi fa, in un prato di via Feltre, a ridosso del parco Lambro. «Senza di lei le indagini non sarebbero procedute così spedite. Forse non sarebbero procedute affatto, nonostante il lavoro indefesso degli investigatori» ha spiegato il pm della Procura di Milano Gianluca Prisco che, in tandem con i carabinieri della compagnia Porta Monforte diretti dal maggiore Maurizio De Angelis e i loro colleghi parmensi del Ris (Reparto investigazioni scientifiche), ha coordinato l'inchiesta sullo stupro.

Un'inchiesta che, per risalire a Cavallo - questo il soprannome del malvivente che all'anagrafe risponde al nome di José Balmore Argueta Iraheta, 28 anni, padre di un bimbo, avuto da una passata relazione e catturato l'altro ieri ad Alessandria, nell'appartamento dell'attuale compagna - si è basata sia sulle immagini delle telecamere che hanno ripreso la sua vettura e parte della targa lungo il percorso per raggiungere il luogo dello stupro, segnalato con precisione certosina dalla turista, ma anche grazie alle celle telefoniche agganciate dal cellulare dell'uomo.

Una volta davanti agli investigatori il pregiudicato ha smentito, seppur in maniera maldestra, le accuse mossegli dai militari dell'Arma. «Il Dna? Ma quello può trovarsi dovunque...» ha ribadito allo scopo di smontare un impianto accusatorio che lo incastra definitivamente invece proprio attraverso le informazioni genetiche.

La ragazza quella mattina, intorno alle 5, voleva raggiungere con la metro la stazione degli autobus di Lampugnano, ma trovando chiuso l'ingresso di «Pasteur» (erano le 5) aveva accettato l'approccio di quel giovane uomo in auto che ha scambiato per un tassista e che si offriva di aiutarla.

Non poteva sapere che, oltre ad essere un malintenzionato deciso a violentarla, il salvadoregno, nel novembre di otto anni fa, su un treno del passante ferroviario partito da «Repubblica», aveva aggredito con un coltello un'altra donna, per rapinarle il telefonino. Tre anni dopo tentò di ammazzare l'appartenente di una gang rivale per il risultato di una partita di calcio. Lo condannarono a 7 anni. Come mai allora il settembre scorso era già libero?

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