Aspiranti soldati Isis e basi Milano crocevia del terrore

L'arresto in via Meucci ultimo caso di una lunga serie Ecco come la città è diventata lo snodo dell'islamismo

Aspiranti soldati Isis e basi Milano crocevia del terrore

​Milano base della logistica, sede di reclutamento, crocevia di aspiranti jihadisti. Da oltre 20 anni la città è al centro di movimenti e collegamenti inquietanti e l'arresto dell'egiziano Issam Shalab fa capire che le trame dei fanatici, e le attività di investigazione, non si fermano mai, neanche nei momenti di apparente calma. Mette il dito nella piaga dunque l'eurodeputato di Forza Italia Stefano Maullu, quando chiede «maggiori risorse per la Lombardia e per Milano, in modo tale da ridurre al minimo i rischi legati alle infiltrazioni terroristiche», mentre per Marco Osnato (Fdi) l'arresto conferma «l'alto rischio in Italia» e la necessità di «ripensare a tutto il sistema di gestione di questi fenomeni: dall'immigrazione al controllo delle moschee, dai rapporti con le teocrazie islamiche al ruolo dell'Europa». Poco più di un mese fa era toccato a un imam, Ahmed Elbadry Elbasiouny Aboualy, altro egiziano, classe 1982, in Italia dal 2005, domiciliato a Milano. Da fonti ministeriale si era appreso che Aboualy aveva intrattenuto legami con soggetti pericolosi, primo fra tutti Mohamed Game, il libico che nel 2009 architettò l'attentato contro la caserma Santa Barbara.

«Il numero dei presunti jihadisti o islamisti radicalizzati in Italia ed espulsi è nettamente superiore a quello di tutti i Paesi dell'Ue - nota in effetti Fabio Altitonante (Fi) - e la maggioranza degli arrestati si nascondevano o erano transitati per Milano». E Silvia Sardone, consigliera del centrodestra, torna a sollevare l'interrogativo che da anni imbarazza Palazzo Marino: «Il Comune vuole ancora costruire moschee in zona via Padova?»

Scovato alle 3 di notte dai Nocs, il 22enne Issam Shalabi è immigrato irregolare. Per questo Paolo Grimoldi della Lega commenta: «È uno dei 100mila clandestini che dobbiamo espellere da Lombardia». E Franco Lucente, capogruppo regionale Fdi, attacca: «Solo il centrosinistra non capisce che un grande numero di clandestini porta inevitabilmente alla possibilità di trovare in città reclutatori e aspiranti terroristi». E l'assessore regionale alla Sicurezza Riccardo De Corato sottolinea che in Lombardia «sono oltre 24.000 i clandestini nordafricani».

Shalabi non è uno qualsiasi: «Una figura di grandissimo spessore» ha detto ieri il capo della Procura nazionale antiterrorismo Federico Cafiero de Raho - «accreditato presso l'Is, in contatto diretto e autorizzato a disporre di comunicazioni che arrivano dal centro del sedicente Stato islamico». Nonostante le sconfitte sul campo, l'Isis resta polo di attrazione di questi elementi. Sulla base di informazioni ministeriali, i ricercatori dell'Ispi hanno ricostruito la figura-tipo del combattente partito alla volta dell'Isis. La prima e più nota è Maria Giulia Sergio, nata nel Napoletano e residente a Inzago. Ma su 125 profili esaminati, in un caso su tre l'arruolamento coinvolge la Lombardia, in uno su due l'aspirante combattente è frequentatore di moschee. E l'istituto culturale islamico di viale Jenner compare in relazione a otto foreign fighters. Un ruolo di Milano compariva già nella prima fase della presenza in Italia dell'islamismo armato, negli anni Novanta, l'era dei mujaheddin da spedire nei Balcani. In quella fase erano emerse figure come l'ingegnere egiziano Anwar Shabaan, imam della moschea milanese, vissuto a lungo a Milano prima di partire per la Bosnia, dove è morto nel '95.

Suo discepolo, e figura ponte fra l'era balcanica la stagione dell'Isis è un personaggio come Moez al Fezzani, arrestato nel 2016 in Sudan. Nel 2007 i pm lo individuavano già come uomo di Al Qaeda, addebitandogli l'organizzazione logistica e l'accoglienza di combattenti nella «Casa dei Fratelli tunisini», a San Siro. A pochi metri dalla casa di Game.

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