In una città governata al contrario può capitare che qualcuno chieda «chiarezza sugli sgomberi» e che questo qualcuno sia esattamente l'abusivo che deve essere sgomberato. In una città governata al contrario, a dettare legge sono proprio coloro che la violano. Nella Milano amministrata dal centrosinistra - tendenza arancione - la voce del padrone è quella dei centri sociali, i compagni prepotenti che fanno il bello e il cattivo tempo (perché qualcuno glielo lascia fare). Accade dunque che non solo il Comune ragiona in termini di dialogo e concertazione con loro (anche con loro): il colmo è che loro possono pure permettersi di dire «no». Non solo il Comune cuce un vestito su misura per loro, una via alla «regolarizzazione»: i destinatari di questa corsia preferenziale la rifiutano.
L'ultimo schiaffo è la porta sbattuta in faccia al sindaco pochi giorni fa. Zam e Lambretta, due delle realtà più note di questo universo dei centri sociali, si sono prese la briga di firmare un comunicato ufficiale per chiudere alla proposta di Palazzo Marino e ribadire che non intendono essere regolarizzati. Chiedono una «dimensione completamente pubblica» del dialogo con il Comune, «l'apertura a tutte le realtà autogestite eventualmente interessate, senza alcuna preclusione a priori», e «la presa di posizione netta contro ogni sgombero». Benvenuti nella Milano del 2014: qui il paradosso è la norma. Ma la colpa è del Comune stesso. Qui, invece di far pretendere il rispetto delle regole, l'Amministrazione comunale cerca uno «scambio», un «confronto». E neppure lo ottiene. Non stiamo esagerando, non chiediamo il «pugno di ferro», sappiamo che certe pratiche devono essere gestite con intelligenza, eppure con tutta la duttilità del mondo un'istituzione non può farsi umiliare da un manipolo di prepotenti.
Le condizioni, invece, le dettano loro. Senza alcun pudore. Lo fanno dopo l'incontro con l'assessore Marco Granelli, il presidente della commissione Sicurezza Mirko Mazzali, la consigliera Anna Scavuzzo e due uomini del sindaco come Alessandro Capelli e Paolo Limonta, che si occupano di politiche giovanili e relazioni con la città. «L'autorganizzazione non intende trasformarsi in qualcosa in cui ci siano regolamenti spiega per esempio Franz, dello spazio di via Santacroce 19, secondo quanto riporta La Repubblica Il Comune ha fatto un comunicato in cui i centri sociali non vengono nominati e non riesce a prendere un impegno sugli sgomberi. Si chiede anzi che non ci siano nuove occupazioni. È una logica di scambio politico, consenso in cambio di favore, che nessuno in questi termini può prendere in considerazione. O c'è un chiarimento ulteriore o non ci sono le condizioni». Insomma, è Franz che stabilisce cosa si può discutere o meno. E lo impone a Giuliano Pisapia, che potrà piacere o no ma è un signore che indossa la fascia tricolore in virtù di alcune centinaia di migliaia di voti presi alle elezioni. Eppure il punto è proprio questo: non riconoscono l'autorità del Comune, chiedono la «moratoria» su ogni sgombero. E pretendono un «riconoscimento», che evoca anni e vicende drammatiche di anni passati.
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