Cadavere lungo il Naviglio Ora si indaga per omicidio

Investigatori ormai convinti: Riccardo Rossi, ex tassista, è stato ucciso E dove è stato trovato il corpo c'era un'altra persona oltre alla moglie

Cadavere lungo il Naviglio Ora si indaga per omicidio

La fase dell'inchiesta è ancora del tutto interlocutoria. Però c'è una realtà precisa e pesante che prende sempre più corpo nell'indagine sulla morte dell'ex tassista Riccardo Rossi, il 56enne di Trezzano trovato cadavere sulla riva del Naviglio Grande la mattina del 17 settembre: non si è trattato di una morte naturale. Va premesso che non ci sarà a breve uno o più mandati di arresto. I carabinieri della compagnia di Corsico restano comunque in costante contatto sia con i medici che si sono occupati della prima fase dell'autopsia che con quelli che stanno ancora svolgendo le analisi tossicologiche, molto più complesse, sul cadavere. E le conclusioni degli investigatori collimano sempre più con quelle dei medici legali. Sì, è vero: ci vorrà ancora del tempo per inquadrare l'intera vicenda e poterla raccontare, per accusare chi ha fatto cosa. Tuttavia si stanno accumulando elementi tali da procedere senza dubbio sia per l'ipotesi di omicidio volontario, sia confermare, sulla scena del ritrovamento del cadavere, anche la presenza di una terza persona, oltre a quella della moglie del morto. Stiamo parlando di qualcuno che fa parte della stretta cerchia di conoscenze della donna, attualmente unica indagata con l'accusa di occultamento di cadavere.

L'ex tassista - uno spezzino, con una moglie 52enne e un figlio di 12 anni - viveva con la famiglia a meno di un chilometro dal luogo dov'è stato trovato cadavere quel mercoledì di un mese fa, in un appartamento al quinto piano di via Monteverdi 16, nel quartiere Zingone. Alcuni vicini della coppia ne parlano come di persone molto riservate che comunque, negli ultimi tempi, litigavano spesso. La donna, che si arrangia con lavoretti qua e là, aveva a che fare tutto il giorno con un marito che aveva venduto la licenza da tassista da qualche anno a causa di una serie di patologie psicologiche controllate con l'assunzione di farmaci e che da allora non lavorava più. Secondo indiscrezioni, inoltre, i disturbi dell'uomo si erano aggravati: il 56enne che ogni anno trascorreva qualche giorno di vacanza con la moglie e il figlio nella sua città natale, La Spezia, dove aveva ancora un appartamento, abbronzato e sorridente; l'uomo che si allenava in palestra ed era un fanatico di ciclismo e di calcio al punto da seguire la squadra in trasferta, presenziando anche a iniziative della tifoseria, ultimamente era molto cambiato. E forse anche la serenità della sua famiglia era andata in frantumi.

Il 17 settembre attorno alle 5 una pattuglia dei carabinieri, passando vicino al Naviglio, si accorge del morto, mentre più tardi un testimone racconta di aver notato una persona che, scesa da un auto, si liberava del corpo senza vita estraendolo da un grosso borsone e poi ripartendo verso Trezzano, dove butterà il borsone, rinvenuto poi in una via.

Come ricostruirà il medico legale, il morto - vestito di tutto punto - è spirato da poco, ma non lì dov'è stato trovato. E, interrogata più volte, la moglie - tra lacrime, «non ricordo» e «non mi so spiegare» - confermerà a suo modo che il marito è «morto naturalmente nel suo letto» e che tutto il resto è avvenuto dopo. Sulle ragioni del proprio comportamento, però, la donna non spiega nulla, addirittura non conferma nemmeno mai di essere stata lei (o anche lei) - dato ormai oggettivo - ad aver portato il cadavere del marito.

Elemento che troverebbe conferma in alcune macchie di sangue, forse dovute al trascinamento del morto, rinvenute sulla scala che nello stabile porta all'appartamento dei Rossi.

Ora si attendono gli ultimi riscontri, le certezze scientifiche. Che, nel momento in cui verranno messe davanti ai responsabili di tutta questa brutta e oscura vicenda, dovranno farli crollare.

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