Il procuratore capo di Monza, Luisa Zanetti, mette l'accento sulla «profonda professionalità» dei carabinieri del gruppo di Monza e dei loro colleghi di Enna e Genova. E svela che non è stato affatto casuale il 16 gennaio il ritrovamento dei resti del cadavere dell'albanese 42enne Astrit Lamaj, rinvenuti, ricoperti dai calcinacci, in un pozzo artesiano collocato in un vano adiacente a un appartamento nell'area verde e residence «Oasi degli Occhi», a Senago, in Brianza. Un ritrovamento che ha portato in cella mercoledì tre uomini e una donna per omicidio aggravato dalla premeditazione. Nell'ottobre scorso un indagato della Procura di Caltanissetta, tra le altre rivelazioni, aveva parlato infatti dell'omicidio di Lamaj, maturato a Genova (il fratello ne aveva denunciato la scomparsa senza però mai far parola delle sue frequentazioni) in un clima di vendetta amorosa e ritorsione, ma realizzatosi poi a Muggiò, in Brianza. La segnalazione era arrivata prima alla Dda di Milano e poi a quella di Monza.
Tra gli arrestati c'è anche la mandante dell'omicidio, una sessantenne incensurata residente a Genova e originaria di Riesi, in provincia di Caltanissetta, già titolare di un commercio di preziosi. La donna - che al momento del fermo era all'aeroporto, in procinto di salire su un volo con destinazione Brasile - aveva avuto una relazione con l'albanese. E quando Lamaj aveva deciso di troncare definitivamente quel rapporto, lei ne aveva decretato la morte, commissionando l'omicidio all'interno di quell'ambiente delinquenziale siciliano che conosceva bene. E grazie al quale già nel 2010 aveva fatto picchiare selvaggiamente un altro suo ex, anch'egli colpevole di averle sottratto dei beni. «Quindi c'è un riscontro anche nel movente» sottolinea il procuratore capo di Monza
Lamaj venne attirato a Muggiò, in Brianza, con la proposta dell'acquisto di una partita di droga. Un tranello in piena regola: una volta sul posto il 42enne era stato circondato da sei uomini (tra loro anche i tre arrestati mercoledì) che prima lo colpirono in testa, quindi lo strangolarono con un filo di nylon. Il cadavere venne poi portato in quello che Zanetti non esita a definire «nascondiglio fantastico», suggerito da uno degli assassini che all'epoca si occupava della ristrutturazione dello stabile di Senago e sapeva del pozzo.
Per acquisire particolari tecnici e scientifici sul cadavere, a gennaio la Procura si avvalse dell'esperienza di un archeologo forense e della direttrice del Laboratorio di antropologia e odontologia forense della Statale di Milano, Cristina Cattaneo. «Ma sono stati gli investigatori dell'Arma ad acquisire formidabili riscontri, dettagliati e circostanziati» conclude Zanetti.
Oltre ai quattro decreti di fermo (uno a Genova per la mandante,
due a Monza e uno a Enna) ci sono sette persone indagate per omicidio premeditato e sltre cinque per distruzione e occultamento di cadavere. Almeno tre delle persone coinvolte hanno precedenti per associazione mafiosa.PaFu
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