Calano nuovi positivi, ricoveri e anche i morti "Ma non è il tempo di abbassare la guardia"

Appello della Regione dopo la crescita del numero dei lombardi per strada

Calano nuovi positivi, ricoveri e anche i morti "Ma non è il tempo di abbassare la guardia"

Meno nuovi positivi al Coronavirus, meno nuovi ricoverati in terapia intensiva, meno morti. Un altro giorno di numeri positivi nel quotidiano bollettino della Regione. Ormai si è capito che non più di picco da raggiungere si tratta, ma di plateau orizzontale da affrontare con pazienza in attesa di intravedere la discesa verso il ritorno a una normalità mai così tanto desiderata come in questi tempi di isolamento sociale. O coprifuoco, anche se qualche barlume di luce in fondo al tunnel sembra stia spingendo più di qualcuno a violare le regole. Come denuncia il vice governatore Fabrizio Sala che ogni giorno monitora i dati e che ieri ha spiegato che il numero dei lombardi che dalla tracciatura (sempre anonima) dei telefonini, risulta aver percorso ben più dei 200 metri intorno a casa consentiti, è risalito al 37 per cento. «Non una buona notizia, non è certo questo il momento di abbassare la guardia» il mantra che Sala (Fabrizio) continua a ripetere.

Tornando alle cifre il numero dei contagiati ha ormai sfondato quota 46mila, pur essendo calate a 1.292 le positività registrate ieri (erano state 1.585 il giorno prima). Flessione, e questo abbiamo imparato essere l'indicatore più significativo, ad appena 9 per i nuovi ingressi in terapia intensiva, non solo perché questi sono i casi diagnosticamente più preoccupanti e quindi umanamente più difficili da accettare, ma anche perché dal loro contenimento dipende la tenuta dell'intero sistema sanitario. Una cifra simbolica sfondata è quella dei casi in Lombardia che a quota 10.004 (più 482 ieri) hanno superato un'altra soglia psicologica. A Milano città i colpiti sono arrivati a 4.015, con un ultimo incremento di 203. Oggi si vedrà.

Sul fronte delle dispute scientifiche, invece, colpisce l'intervento del direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Giuseppe Remuzzi che, interpellato dall'Agi, risponde indirettamente a quanto dichiarato dal virologo Giorgio Palù secondo cui la causa dell'emergenza in Lombardia sarebbe in parte da attribuire ai troppi ricoveri a dispetto di una scarsa assistenza territoriale. «In Lombardia sono stati ricoverati solo i pazienti che ne avevano bisogno. Anzi, alcuni sono stati lasciati a casa, pur avendo bisogno del ricovero, a causa della saturazione dei reparti. Per dare un'idea dell'eccezionalità di questa situazione vi spiego cosa è successo a Bergamo: il primo giorno dell'emergenza sono arrivate 20 persone in ospedale che non riuscivano a respirare, il giorno dopo ne sono arrivate altre 30, il giorno dopo ancora 40, poi 70, poi 80 e così via. Tutti pazienti - spiega Remuzzi - che avevano assolutamente bisogno di aiuto e che non potevano certamente essere curate a casa. I pazienti erano così numerosi che qualcuno è dovuto rimanere a casa pur avendo bisogno del ricovero».

Per Remuzzi la situazione è molto più complessa di quanto si creda e non può essere liquidata semplicemente parlando di «eccesso di ospedalizzazione. Forse il Veneto è stato davvero più bravo, ma i numeri della popolazione sono troppo diversi ed è prematuro e anche fuori luogo provare già da ora a dare sentenze».

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