Visitare i carcerati. Sei nella casa di reclusione di Opera e i detenuti, uno a uno, abbracciano il cardinale Angelo Scola dopo la Messa. C'è chi ha il viso che ricorda George Clooney e gonfia il petto, sotto la maglietta con la scritta Giorgio Armani, prima di sciogliersi almeno per qualche istante. È questo miscuglio indissolubile di vite aspre e assetate di dolcezza a rendere molto reale e per niente retorico il Giubileo e l'opera di misericordia che si celebra nel carcere di Opera: visitare i carcerati. «Non abbiate fretta di tornare in cella» dice il direttore Giacinto Siciliano per questi incontri a tu per tu che corrono uno dopo l'altro in questo tardo pomeriggio di un caldo giorno di settembre.
Nella grande sala in cui si celebra la Messa è impossibile distinguere i volti degli uomini italiani dagli stranieri, dagli islamici. Così il consiglio del cardinale durante l'omelia colpisce l'immaginazione di tutti e promette di diffondersi tra le celle: «La sera dite un'Ave Maria. Miriam (il nome ebraico di Maria, ndr) può essere pregata anche dai nostri fratelli musulmani. Anche loro hanno una venerazione per lei». E il cardinale sceglie i detenuti per raccontare il più riservato dei colloqui, il suo incontro con il Papa di lunedì scorso: hanno parlato proprio di loro, i carcerati di Opera che Scola si preparava a visitare, della visita di Francesco a Milano, probabilmente in primavera, quando il Santo Padre vorrà stare anche lui tra i carcerati.
In un luogo difficile, dove il tempo non esiste oppure è eterno, anche le parole e i gesti hanno una forza che per noi a volte è perduta. C'è il segno della croce al mattino, altra «proposta alla libertà» dei detenuti. E il segno della pace nel cuore della Messa, in questo luogo frutto della violenza che cerca di guardare a un domani diverso, è un incontro di mani e sorrisi che si trasforma nella lunga fila per la comunione, un piccolo assalto bello e disordinato.
I detenuti hanno lavorato a lungo, in collaborazione con le Poste, con l'Ufficio filatelico e numismatico della Città del Vaticano, con la Sesta Opera San Fedele, a classificare una collezione di francobolli regalata a Papa Francesco e da lui destinata a opere di carità. Sotto le miniature tratte dal Vangelo, didascalie da museo, ma scritte a mano. In stampatello blu la descrizione dedicata a una Madonna con bambino: «Forse l'immagine più illuminante dell'essenza ultima del Vangelo, ossia l'amore (ispirato dalle paffute guance del bambino e offerto nel suo trasporto materno) di Cristo».
Matteo Boe, il cui nome è legato al rapimento del piccolo Farouk Kassam nel 1992, un tempo noto per essere l'unico detenuto ad essere evaso dal supercarcere dell'Asinara, adesso che nove mesi lo separano dalla libertà è lui eppure sembra un altro: oggi, per il Giubileo della Misericordia dei carcerati, è una specie di Virgilio (che si dichiara ateo) scelto per accompagnare l'arcivescovo nella sua visita tra i francobolli. Si sono scambiati gusti e commenti, l'ex bandito e il cardinale, e a Boe è piaciuta la Madonna del Cardellino del Tiepolo. È lui ad aver dipinto il francobollo dei detenuti: un picchio su un muro a secco decorato con un fico d'india.
Tra tanti condannati a vita, si parla del significato della pena, dell'ergastolo che non ti lascia accedere a sconti e benefici. Durante l'anno della Misericordia a Opera sono state intensificate le visite, ma Scola tenta di sollevare un altro macigno.
«Mi auguro che la questione dell'ergastolo ostativo possa essere ripensata in profondità.Mi ha molto impressionato l'oggetto artistico realizzato da uno dei detenuti: una tomba anticipata» dice Scola dall'altare. Ed è lì che si scatena un grande applauso a Messa aperta.
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