La creatività di Ico Parisi nei suoi tavoli a Villa Reale

Francesca Amè

Architetto, designer, art director, fotografo, regista cinematografico, pittore e artista puro: Domenico, detto Ico, Parisi fu tutte queste cose insieme. Lo scorso anno ricorreva il centenario della nascita dell'architetto palermitano trapiantato in Lombardia (Como, soprattutto) e morto vent'anni fa. La Villa Reale di Monza dedica ora una mostra a questo creativo capace, ma meno celebrato di altri della sua generazione: «Ritrovare Ico Parisi» (fino al 19 marzo), per la cura di Roberta Lietti e Marco Romanelli e con la collaborazione dell'Archivio del Design di Ico Parisi, restituisce il giusto peso a uno dei personaggi fondamentali per la progettualità del Dopoguerra italiano. «Un sommerso, un non allineato», lo ha definito Silvana Annicchiarico, direttrice del Triennale Design Museum.

E in effetti, come tutti quegli artisti che amano esplorare i territori più ampi, anche Ico Parisi sfugge alle etichette. Ha prodotto una enorme mole di lavori, fedele alla tradizione degli anni del boom, con architetti e designer pronti a esercitarsi a livello pluridisciplinare, nel nome di un nuovo umanesimo creativo.

La mostra di Monza si concentra sugli anni Quaranta e Cinquanta e su un oggetto su cui, più di ogni altro, Parisi puntò gli occhi: il tavolo, in ogni sua declinazione. Ed è bello, aggirandosi tra le sale della Villa Reale, allestiste per l'occasione con rigorose gabbie bianche in omaggio al razionalismo comasco, scoprire come un semplice oggetto d'arredamento abbia potuto essere declinato in così tante forme. Scrivania, consolle, tavolino da caffè, carrello di servizio: Parisi sperimenta un'infinita gamma di soluzioni creative, coniugando rigore e piacere estetico alla funzionalità.

I sette tavoli presentati sono anche il pretesto per scoprire la vita di un intellettuale che si formò alla scuola lombarda del Terragni, frequentando personalità come Bontempelli e Rho. La guerra non bloccò la sua curiosità: sottotenente nel nono Battaglio Pontieri sul fronte russo, sfruttò i taccuini e la macchina fotografica per documentare l'esperienza.

Negli anni Cinquanta ha collaborato con artisti come Melotti e Radici.

Merito della mostra spiegare quanto fu importante per canalizzare le energie di uno spirito così poliedrico la presenza della moglie Luisa, compagna di vita e collaboratrice, con cui Parsi animò, fin dalla fine degli anni Quaranta, lo studio La Ruota, vero e proprio cenacolo culturale sulle rive del lago di Como.

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