Il curatore Marc Restellini

Monsieur Marc Restellini, lei è il direttore della Pinacothèque de Paris e torna a Milano nelle vesti di curatore della mostra a Palazzo Reale, esattamente dieci anni dopo la fortunata monografica dedicata a Modigliani. Settimana scorsa proprio un ritratto di Modì è stato venduto a Londra, in un'asta da Christie's, per la cifra record 31 milioni di euro. Sorpreso di tanto successo, anche sul mercato?
«Affatto. Modigliani è tra i cinque o sei pittori del Novecento più amati al mondo. È sorprendente, piuttosto, che questo successo sia arrivato solo dopo la sua morte».
Il titolo della mostra parla di artisti maledetti: crede che questa etichetta abbia contribuito al successo dei pittori di Montparnasse?
«Senza dubbio. La leggenda di Modigliani, la sua vita fuori dagli schemi, il rapporto turbolento con le donne, quello con l'alcol, la malattia, fanno parte della sua fama. Da tempo, però, la critica ha fatto pulizia tra verità e falsi miti e oggi possiamo apprezzare la sua arte indipendentemente dal personaggio Modigliani. Lo stesso si può dire di Soutine».
L'opera più significativa in mostra?
«Ne cito due: Le grandi bagnanti di André Derain e La bambina in abito azzurro di Modigliani».
Parliamo di Jonas Netter, questo collezionista così lungimirante da scommettere su un manipolo di pittori che non interessava a nessuno...
«Netter fu un vero collezionista. Potrei dire che tra lui e gli artisti del gruppo c'era un rapporto quasi epidermico. Fu di grande sostegno, non solo economico, per loro: grazie ai suoi acquisti, Modigliani poté garantirsi i soldi per soggiornare in Costa Azzurra con la moglie Jeanne quando era gravemente malato».
In che senso?
«Era un vero collezionista, era mosso da empatia verso gli artisti e preoccupato di mantenere un certo equilibrio nella sua collezione. Nessun nome prevaleva sugli altri. Fece ottimi affari, se pensiamo che comprò dei Modigliani a 50 franchi, ma non mise mai in vendita i suoi pezzi per giocare al rilancio. A quei tempi, specie per artisti squattrinati e fuori dagli schemi come Modì o Soutine, era un sogno poter vivere a Parigi e avere il sostegno di un uomo come Netter».


Una sorta di mecenate?
«Prima di tutto un fine intenditore d'arte, con un gusto in grado di precorrere i tempi. E poi, cosa non meno importante, un uomo mosso da sincera stima e amicizia verso gli artisti che proteggeva».

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