Cronaca locale

Dallo scudetto ad Auschwitz La vita di Arpad Weisz al Dal Verme

Bergomi e Costacurta al ricordo dell'allenatore deportato

Dallo scudetto ad Auschwitz. Sarà ricordata domani (ore 20) al Dal Verme la vita di Arpad Weisz, un grande uomo di sport che finì inghiottito dall'orrore europeo della Shoah, morendo in una camera a gas nazista. Era stato un buon calciatore, Weisz, ungherese nato a Solt nel 1896. Giocò soprattutto in Ungheria e in Italia, all'Inter. Ma fu soprattutto un grande allenatore. Ed è in Italia che si fece conoscere e apprezzare come un tecnico moderno e vincente. Dopo un anno alla guida dell'Alessandria, nel 1926 arrivò all'Inter, dove era stato un anno da giocatore e dove restò fino al 1934 (salvo una stagione a Bari). Con l'allora Ambrosiana vinse il campionato 1929-1930, il primo a girone unico. Aveva 34 anni e divenne (lo è ancora) il più giovane allenatore a laurearsi campione d'Italia. A Milano scoprì un grande come Giuseppe Meazza e introdusse schemi all'avanguardia, che teorizzò in un libro: «II giuoco del calcio». Allenò il Novara, il Bari e soprattutto il Bologna che portò allo scudetto nel 1936 e nel '37, vincendo anche a Parigi il Torneo dell'Esposizione Universale .

Con le leggi razziali dovette lasciare l'Italia per trasferirsi a Parigi e poi nei Paesi Bassi, dove continuò ad allenare con ottimi risultati. Quando i Paesi Bassi furono occupati, la famiglia Weisz fu destinata a un campo di transito, poi nel 1942 la moglie e i figli vennero deportati e furono uccisi nelle camere a gas di Birkenau. Weisz finì purtroppo la sua vita in una camera a gas il 31 gennaio 1944.

Oggi due targhe lo ricordano negli stadi di Bologna e Milano , una via a Bari, ma era stato praticamente dimenticato per decenni fino al libro scritto dal giornalista Matteo Marani che domani sarà al «Dal Verme» coi vertici della Comunità ebraica e con Alessandro Costacurta e Beppe Bergomi, due campioni che parteciperanno alla rievocazione presentata da Daniele Nahum : la proiezione del documentario Sky di Federico Buffa.

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