La Diocesi dà lo sfratto a una famiglia di contadini

Nella cascina riscaldata a legna Alessandro Verga vive coi genitori anziani: «A febbraio tornano a cacciarci»

Sabrina Cottone

«Era una casupola nel 1956, quando l'abbiamo presa in affitto» dice la signora Rosanna Albini, 78 anni, che ha combattuto e sconfitto due tumori. «Siamo entrati in una topaia e abbiamo lavorato duro» incalza dall'alto dei suoi 82 anni da contadino il marito Ilario Verga, occhioni azzurri intensi e una grossa stampella che gli consente di camminare, sia pure a fatica. Siamo a Milano e in aperta campagna, nella Cascina Colombera di via Gaetano Airaghi, dietro via Novara, tra Acquatica e i radi palazzi di Quinto Romano. La difficile eredità dell'azienda agricola, una delle 35 cascine rimaste a Milano, è in mano al figlio Alessandro Verga, 45 anni. Coltiva mais e frumento, alleva manze da ingrasso, ha aperto un piccolo spaccio.

«Ormai è difficilissimo fare l'agricoltore, di notte usano i nostri campi di frumento come discariche, i nostri terreni vengono occupati e danneggiati. E in questa situazione la Curia ci ha dato lo sfratto. Adesso, a febbraio, l'ufficiale giudiziario tornerà per la seconda volta per cacciarci» si sfoga Alessandro davanti al camino. È questo fuoco, insieme a una stufa, a riscaldare la casa in cui vive con la sua grande famiglia: gli anziani genitori, la moglie e una bambina di undici anni. In cascina abita anche un operaio ucraino con la moglie in attesa di un bimbo che nascerà a fine febbraio. E poi un centinaio di mucche e vitelli, due pavoni e due cani.

Eppure, nonostante la situazione ben lontana dall'agio, nonostante l'affitto pagato regolarmente, in questa casa, pochi giorni prima di Natale è arrivato l'ufficiale giudiziario per lo sfratto chiesto dall'Istituto del sostantemento del clero della Diocesi. Tornerà a febbraio e i Verga lo attendono con una paura mista a rabbia, nate e cresciute in sei anni di scontri legali con la Chiesa milanese, tra Eternit da eliminare e ristrutturazioni da fare. Non sono mancate le asprezze e forse anche qualche errore nel gestire la situazione da parte di chi ha assistito la famiglia Verga. Ma ormai la situazione è precipitata e il rischio che persone in difficoltà siano costrette a lasciare la casa e i campi diventa sempre più concreto.

La famiglia Verga è affittuaria di tre padroni, ma a chiedere la revisione del contratto e, in assenza di un accordo, a procedere alla disdetta, nel 2010, è stata la Diocesi, o meglio l'Istituto per il sostentamento del clero attraverso la società Consulta che, amministrata da laici, ne gestisce il patrimonio e che possiede quest'area di 30 ettari su cui sorge anche la casa- cascina. È seguito l'atto di precetto per il rilascio degli immobili. Insomma, uno sfratto per uomini, donne, bambini, anziani, animali.

La Curia, raccontano loro, ha proposto una richiesta di rinnovo del contratto agrario che a loro è risultato insostenibile e soprattutto molto superiore ai patti in deroga praticati per i medesimi terreni agricoli dal Comune. La famiglia Verga chiede di applicare almeno le regole del Comune: contratti di 15 anni il cui canone può essere utilizzato per la ristrutturazione della cascina e, se tutto è in regola, una proroga dell'accordo per ulteriori 15 anni. Trent'anni di certezze che aiutano a trovare in banca il denaro necessario ad andare avanti e a investire, perché di fronte a una locazione a lungo termine il credito è più facile. Con contratti precari, o in condizioni tanto difficili, trovare i fondi necessari ad andare oltre la semplice sopravvivenza diventa impossibile.

Ilario Verga, il padre, nel 2013 ha scritto una lettera indirizzata al cardinale Angelo Scola. «È del tutto evidente che tale onere è per noi insopportabile. Mi costringerebbe alla rinuncia della locazione, abbandonando un'attività in cui uno dei miei giovani figli ha riposto tutte le sue speranze. Conto su un suo autorevole intervento...». La risposta, arrivata attraverso la segreteria, lo invitava a «continuare a fare riferimento all'Istituto diocesano sostentamento clero». E nel frattempo la Consulta ha deciso di procedere. Adesso la famiglia trepida per il ritorno a breve dell'ufficio giudiziario.

La Diocesi, interpellata per

commentare l'accaduto, fa sapere di non avere sufficienti elementi per rispondere e che valuterà la situazione dopo avere avuto tutte le informazioni necessarie dall'Istituto per il sostentamento del clero e dalla Consulta.

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