di Carlo Maria Lomartire
«La prefettura sarà una casa di vetro», «ascolteremo i cittadini», «Expo e lotta alla mafia sono le priorità»: così, con questi severi e apprezzabili impegni il nuovo prefetto di Milano si è presentato lunedì scorso alla stampa e ai cittadini. Farà un buon lavoro? Il bel curriculum, la conoscenza della città, l'ottima cultura, il piglio autorevole e i modi rassicuranti di Francesco Tronca fanno sperare il meglio. Anche se quelle dichiarazioni programmatiche sono - diciamolo pure - delle ovvietà. Insomma, cos'altro poteva dire questo alto dirigente dello stato presentandosi all'opinione pubblica? Beh, forse al cittadino qualunque avrebbe fatto piacere sentire anche qualcosa di più. Ad esempio sentir parlare dell'impressionante aumento dei furti negli appartamenti, degli scippi e dei borseggi - spesso con conseguenze drammatiche - per strada e nei metrò o delle violenze sui filobus delle circolari 90 e 91. Insomma avrebbe voltuto sentire il prefetto assumere impegni rassicuranti anche a proposito di quella che viene ipocritamente definita microcriminalità, ma che «micro» non è se si tiene conto del suo carattere ormai endemicamente pervasivo e quindi del grave danno psicologico e del senso di insicurezza che diffondono sopattutto nelle fasce più deboli della popolazione, a cominciare dagli anziani.
Forse ai milanesi piacerebbe anche che il prefetto Tronca spiegasse perché Milano è la città più imbrattata d'italia e d'Europa, perché per deturapare le facciate dei nostri palazzi, i treni delle nostre metropolitane e persino i nostri cartelli stradali vengono qui, proprio qui da mezzo mondo. Che ci spiegasse come mai, pur vigendo la stessa legislazione, Torino o Roma o Napoli non sono altrettando deturpate dalla furia «creativa» di questi microdelinquenti che, armati di bombolette spray, hanno eletto Milano a loro grande atelier abusivo. E che spiegasse perché nei mercati rionali, senza alcun controllo, decoro e igiene siano peraticamente banditi. Ai milanesi piacerebbe anche sapere cosa si può fare per restituire un aspetto dignitoso alle strade più frequentate, da corso Buenos Aires a corso Vercelli, dalla Galleria a via Torino, da piazza Duomo ai mezzanini della metropolitana occupati da frotte di venditori di qualsiasi porcheria e contraffazione. In quegli stessi luoghi, ci si imbatte in un accattone ogni cinquanta metri - e non si tiri fuori la solita stucchevole giustificazione della crisi economica perché il prefetto sa benissimo che quei poveracci sono «gestiti» dal racket criminale.
Ecco anche di questi problemi pratici, concreti e quotidiani, i milanesi avrebbero voluto sentire parlare dal nuovo prefetto, Ma siano certi che non mancheranno le occasioni.
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