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Un fondo pubblico-privato per recuperare le aree dismesse

Un «Fondo di sviluppo urbano» per recuperare o bonificare aree dismesse o convertire edilizia giù esistente - anche privata - in housing sociale. É uno strumento finanziario quasi sconosciuto ma previsto dalla programmazione Ue. L'unica città che finora ha colto e concretizzato questa opportunità è Londra, Milano sarà la prima a sperimentarlo in Italia: ieri la giunta ha approvato l'avvio del percorso. In sintesi: il Fondo è una partnership tra amministrazione, banche, soggetti pubblici o privati interessati a investire in progetti di riqualificazione urbana che faticano a decollare solo con i soldi pubblici o con quelli di un ente privato. Non riescono ad attirare capitali perché non producono forti redditi, nè un rientro veloce. La Banca Europea (Bei) potrà essere gestore o intervenire con una quota sui progetti presentati via via dal Comune. Il Fondo promuoverà gli investimenti di istituti di credito e altri soci privati, attraverso erogazione di prestiti, garanzie sul credito, acquisto di partecipazioni. Gli utili generati dagli investimenti torneranno al Fondo stesso e lo alimenteranno. Londra sta realizzando con la Bei il progetto «The London Green Fund», in pratica un fondo di sviluppo «ambientale» (gestione di rifiuti, efficientamento energetico, housing sociale) e ha già una dotazione di 100 milioni di sterline. L'assessore al Bilancio Francesca Balzani ipotizza che a Milano il Comune potrebbe partire con un'iniezione di 30/40 milioni di euro e «arrivare a 100 milioni attirando fondi di investimento, istituti di credito e privati interessati a partecipare attraverso bandi sui progetti di recupero». Quali? Il vicesindaco Ada Lucia De Cesaris ha già in mente quelle aree su cui le buone idee non riescono a decollare per mancanza di capitali. Uno su tutti, la vasta area di Porto di Mare dove finite le operazioni di bonifica «è previsto un progetto di recupero importante, con una parte destinata a cittadella dello sport, che non si riesce a finanziare da solo attraverso i privati». Con il Fondo a regia pubblica peraltro «si potrebbe saltare il meccanismo di aumento delle volumetrie in cambio di opere di utilità pubblica». Tra gli esempi cita il maxi-progetto di riapertura dei Navigli presentato nei giorni scorsi, almeno una fetta dell'opera (la Conca della Viarenna ad esempio) potrebbe essere finanziata col Fondo di sviluppo urbano. O il recupero dell'ex Marchiondi di Baggio, un bene monumentale abbandonato da anni: nel 2014 il Politecnico ha rinunciato alla ristrutturazione ed è fallito anche l'ultimo piano di salvataggio. La lista prosegue con le ex scuderie de Montel a San Siro, il recupero della Bovisa o il quartiere popolare di via Adriano 50, ceduto dalla Regione al Comune. Qui sono previste anche una scuola media e un auditorium, «il fondo potrebbe essere un bel sostegno per l'amministrazione e gli operatori già coinvolti». E potrà essere attivato, insistono Balzani e De Cesaris, «anche su aree dismesse private se c'è un progetto interessante per la città». Ad esempio la conversione di immobili in housing sociale».

E «si potrà ragionare sull'area metropolitana, intercettando altri Comuni, specie per le nuove infrastrutture». I tempi però sono ancora lunghi. Dall'istruttoria tecnica al primo fondo passeranno 10-12 mesi. Sarà usato per la prima volta dalla prossima giunta.

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