Formigoni, la Lega mette la retromarcia

Al Pirellone nessuno sa più qual è il vero volto della Lega: se la faccia «feroce» di chi vuole «mandare a casa» Roberto Formigoni o quella accomodante già impegnata a trattare sulla nuova giunta. Ieri il consiglio federale di via Bellerio ha legittimato l'avviso di sfratto che il segretario lombardo Matteo Salvini aveva anticipato: «Può lasciare il testimone, la sua era è finita». Voto ad aprile insomma. Una linea palesemente in contrasto con l'accordo annunciato a Roma dal segretario Roberto Maroni con il «pari grado» del Pdl Angelino Alfano, alla presenza dello stesso Formigoni. I vertici del Pdl ovviamente non hanno perso l'occasione di far notare la contraddizione: «La decisione della Lega mi stupisce - ha commentato il coordinatore nazionale Ignazio La Russa - arriva due giorni dopo l'incontro in cui si era escluso, per evitare di penalizzare la Lombardia, di anticipare la fine anticipata della giunta. Mi viene da domandare a Maroni: cosa è cambiato?». Formigoni ha già dato prova di voler usare il bastone, oltre che la carota, ritirando le deleghe agli assessori «lumbard» una volta appreso che questi avevano messo nelle mani del partito il loro incarico.

E non ha intenzione di farsi «rosolare» a fuoco lento, lo ha detto chiaramente: «Ritengo veramente difficile e sconveniente infliggere alla Lombardia un lungo periodo di attesa. Questo lo riterrei assolutamente sbagliato». Insomma: o si riparte o al voto vi ci porto io, e subito.

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