Dove corri bella mia?
Dove scappi bella mia?
Da chi fuggi bella mia?
Bella mia che non sei mia.
Tra il mistero della vita e il mistero della morte ce n'è un altro, meno assoluto ma più insidioso, è il mistero dell'amore.
Non è propriamente un mistery anche se l'amore, come Mistery «non deve morire» non è giallo non è noir. Qualche romantico sprovveduto se lo immagina di colore rosa, in realtà l'amore è roseo come un maiale prima di essere macellato.
L'amore è un mistero, l'amore è un casino, l'amore è un macello e questa è una storia d'amore.
Bella era bellissima, bionda e azzurra, una Barbie con una grande e forte personalità disturbata.
Il suo disturbo, la sua malattia, era stato diagnosticato come «Body Dismorphic Disorder» ossia dismorfo fobia: aveva una visione profondamente distorta del suo aspetto. Un giorno intorno ai tredici anni si era guardata allo specchio e si era vista orrenda, una specie di «specchio, specchio delle mie brame, dimmi chi è la più brutta del reame?», si era convinta che di lì a poco avrebbe perso i capelli, si sentiva quasi deforme, si immaginava galline impazzite donarle zampe di gallina, pensava che cowboy ultrastagionati avessero condotto dal Texas fino a lei una mandria di rughe. Si vedeva vecchia, ripugnante e deforme.
A ventitre anni la pensava allo stesso modo, con l'aggravante dell'età. Il ventitre per cento dei colpiti da dismorfo fobia tenta il suicidio, qualcuno si alcolizza sino al coma etilico, altri si drogano con cocktail letali di farmaci pur di non farsi vedere così vecchi e brutti ai cocktail party. Bella era riuscita a limitarsi all'autodistruzione psicologica. Se avesse voluto avrebbe potuto fare la modella, invece si era nascosta dietro il precariato di un call center dalle parti di via Marghera, zona di pizzerie e gelaterie alle spalle del glorioso Teatro Nazionale, che inattivo da anni per rimandati restauri e assediato da interminabili lavori di cantiere per un parcheggio, si sentiva molto simile a lei.
Girava infagottata anche d'estate mimetizzata tra lana e lino ma non riusciva a nascondersi a lungo, quando qualche precario collega le diceva «come sei bella» lei lo odiava a morte.
Bella non aveva ancora incontrato Azzone, e bella li!
Le Trottoir a la darsena, in piazza 24 Maggio all'1, ignorava ancora l'esistenza di Bella e di Azzone. Troneggiava irridendo il suo gemello di fronte. Tutti e due i locali in tempi remoti erano stati un dazio ma Le Trottoir aveva ereditato dal suo predecessore omonimo di corso Garibaldi 1, oltre al dovere e il piacere di essere il numero uno, la straordinaria fauna che un ritrovo di artisti, sballati e ballerine alimenta in sé. Avete presente le Bestie di Satana? Ecco il contrario, a Le Trottoir c'erano le Bestie di Sandokan, le Tigri della Malesia sfrattate da corso Garibaldi combattevano le tigri della malaria di una città che stava diventando paludosa.
Bella aveva un'unica amica, brutta come il peccato non originale. Osram non era una bellezza anonima, piuttosto una bruttezza anonima. Si erano conosciute ad un corso di ninja jitsu.
Bella vestita da ninja si sentiva inosservata.
Azzone abitava in via delle Ore, per un certo periodo era stato un pornoattore del resto il nome Azzone denunciava una certa predisposizione, quanto al suo indirizzo evocava il famigerato settimanale pornoanatomico che tanto rozzo onanismo aveva ispirato.
La carriera di Azzone era iniziata casualmente nel lontano 1995, il ventiquattrenne studente di architettura con alcuni amici aveva deciso di fare un salto al Misex, il festival del sesso, meta di zozzoni, goliardi, paralitici arrapati, militari e ragazzi a metà prezzo.
Azzone era stato tirato letteralmente sul palco del Palatrussardi da due mitici performer: Udo Kuoio il Re della Frusta e Manta, un ottava di seno non suo che lo avevano coinvolto in un improbabile menage a trois davanti ad un pubblico da stadio.
Il testosterone alle stelle gli aveva fatto fare la sua porca figura, un talento naturale, cotto e mangiato. Azzone aveva mollato architettura e si era messo di buzzo buono nella non mobilissima arte del brancicatore di pulzelle scafate. Un divo del cinema, buio in sala e luci rosse, molto sesso e zero amore.
Finchè un giorno in via Torino il trentasettenne architetto mancato non aveva visto bella. E bella lì, il mandrillo era diventato un panda.
L'aveva pedinata, assediata, corteggiata, circuita, portata al circo Orfei. Bella alla fine si era lasciata convincere da quello lì, l'architetto mancato e bella lì.
Erano andati a convivere in via delle Ore, «niente sesso» era il patto. A lui del sesso non gliene fregava niente, aveva gia dato. Due cuori e una cappella.
«Sei bella» «So, sono brutta», «Sei bellissima» «No, sono bruttissima», «Sei fantastica» «No, sono fantascientifica: the Fly». Dopo sei mesi di dialoghi analoghi Bella comunicò ad Azzone: «Ti lascio», lui rimase impietrito, come ai vecchi tempi.
Bella telefonò a Osram: «Lascio Azzone
».
«Come? Ok, ci vediamo a Le Trottoir», s'imbacuccò e usci dalla sua vita.
Azzone unora dopo si riprese e chiamò Beppe Sbarra un nome un programma, un po' come Azzone, uno dei pochi gentiluomini nel mondo del porno: «Cosa devo fare?».
«Riportala a casa è la donna della tua vita».
Via Torino, sciopero dei mezzi, sciopero dei taxi. Azzone se la fece a piedi sbuffando come un mantice.
All'altezza della Fnac incappò in una baby gang. Il mini boss gli chiese un autografo, lui lo mandò al diavolo col risultato che una ventina di quindicenni incattiviti lo inseguì sino alle colonne di San Lorenzo.
A quel punto della folle corsa pestò la zampa del cane di un punkabbestia, il padrone e i suoi amici si unirono alla posse che voleva mazzolarlo.
Azzone stremato arrivò a Le Trottoir tallonato dai peggiori o migliori esponenti del disagio giovanile.
Michelangelo Jr., Running Mannarelli e Andrea G. Pinketts, tre vecchi marpioni del «Trott» avevano compiuto il miracolo, erano riusciti a convincere Bella di essere bella.
Per riconquistare Bella un ansimante Azzone decise di bluffare: «Bella, volevo dirti che sei brutta», lei che finalmente si sentiva bella sollevò un boccale da birra e glielo ruppe sulla tempia.
Azzone morì. E' bella lì, è morta qui.
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