Milano, i vigili urbani: "Rischiamo la vita, ma lavoriamo senza tutele"

In prima linea nei controlli e davanti ai new jersey: "Svolgiamo compiti di polizia senza avere garanzie"

Milano, i vigili urbani: "Rischiamo la vita, ma lavoriamo senza tutele"

Sono preoccupati i vigili milanesi e italiani per l'allerta terrorismo. Gli agenti, infatti, sono in prima linea nelle postazioni di sicurezza come i New jersey di piazza Duomo e all'ingresso dell'Arcivescovado (dal 2001) o all'entrata dei comandi ma senza alcuna tutela. I vigili per intenderci svolgono le stesse funzioni di antiterrorismo dei colleghi di polizia e carabinieri senza avere le stesse tutele e lo stesso status giuridico. Oggi in Duomo dunque i ghisa affiancano poliziotti e militari agli sbarramenti anti carri che rimarranno fino all'Epifania: se un vigile viene ferito durante un attentato -non ha alcuna tutela, nè giuridica nè economica (causa di servizio ed equo indennizzo) a differenza dei colleghi delle forze dell'ordine.

«I fatti di questi giorni - si legge nella lettera che la segreteria regionale dell'organizzazione sindacale Diccap (Dipartimento autonomie Locali e Polizie Locali) ha indirizzato al governatore della Lombardia Maroni, ai sindaci metropolitani, ai comandanti della polizia locale - testimoniano come i fenomeni di terrorismo siano sempre più attuali nella vita quotidiana della popolazione, andando a colpire manifestazioni e situazioni di vita comune dove la polizia locale è spesso chiamata a intervenire. Mercati (Berlino), manifestazioni ludiche e aggregative nelle strade (Nizza), attacchi a ristoranti e locali pubblici (Parigi e Istanbul) organizzati da cani sciolti che camminino mescolati alle persone nelle strade». Quanto affermato dal ministro dell'Interno Minniti in occasione del Comitato di analisi strategica antiterrorismo non è altro che «la presa di coscienza del fatto che l'evidente difficoltà di prevedere ed intervenire sulle mosse dei cani sciolti - osserva il sindacato autonomo dei vigili lombardi - necessita l'utilizzo e l'ausilio di una forza che ha un controllo e una conoscenza capillare del territorio e delle persone che vi abitano, ovvero della polizia locale».

Così Maurizio Vallone, capo del servizio controllo del territorio del dipartimento di polizia sottolineava come «è la prima volta che un terrorista viene ucciso in Italia e sicuramente una divisa è diventata un bersaglio privilegiato».

Ecco allora che sono moltissimi i casi in cui i ghisa vengono utilizzati per funzioni di pubblica sicurezza o di ordine pubblico impropriamente, senza cioè che questi compiti siano di competenza del corpo che di fatto seppure armato è «considerato alla stregua di qualsiasi amministrativo» osserva Daniele Vincini, segretario regionale del Diccap.

Per esempio sono dotati di giubbotti antiproiettili solo gli agenti di servizio alle postazioni fisse, ma non quelli che girano in pattuglia, anche se ugualmente a rischio. Il porto d'armi è valido solo sul territorio comunale di appartenenza a differenza per esempio delle guardie giurate che hanno un porto d'armi nazionale. E legato alle funzioni: non tutti gli agenti infatti sono armati. E lo sono solo in funzione dei compiti che svolgono. «Non siamo forze di polizia nè dell'ordine, non percepiamo indennità di ordine pubblico nè l'80% di indennità di polizia, tanto meno l'aumento di 80 euro al mese che il governo Renzi ha assicurato alle forze dell'ordine - spiega Vincini - eppure ci troviamo ad affiancare i colleghi poliziotti e carabinieri in moltissimi compiti.

Sia chiaro: sentiamo il dovere di tutelare la sicurezza dei nostri concittadini, consapevoli dell'emergenza del periodo ma vogliamo essere tutelati. Per questo serve una modifica della legge regionale, che sia da preludio per cambiare il quadro legislativo nazionale».

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