Cronaca locale

«I violenti? Li cacciamo dal San Carlo»

«I violenti? Li cacciamo dal San Carlo»

«Il San Carlo? Non è quella roba lì! Non è quei quattro scalzacani che peraltro, un po' per i loro insuccessi scolastici e un po' per il loro comportamento, non si sono nemmeno diplomati da noi. Non ci rappresentano. I ragazzi fragili e deboli, anche se vengono bocciati, li aiutiamo sempre, diamo una seconda chance. Se si tratta di fannulloni che a Natale o a gennaio del nuovo anno scolastico perseverano nel loro comportamento, semplicemente li invitiamo a cercarsi un'altra scuola. E così è successo con quei quattro, non mi faccia dire di più che una madre mi ha già telefonato pregandomi di non far parola del comportamento del figlio...Qui non vogliamo umiliare nessuno. Sa qual è il vero problema? Gli adulti. Che troppo spesso abdicano al loro ruolo di genitori».
Don Aldo Gerenzani, 67 anni, da 22 rettore del prestigioso collegio San Carlo di corso Magenta (1680 allievi dai 2 ai 19 anni, ma è il liceo classico il fiore all'occhiello, ndr), si definisce «fedele servitore dello Stato e grande fan della scuola pubblica sia statale sia paritaria». È chiaro quindi che tuteli l'anonimato anche delle 4 mele marce rappresentate da ex allievi dell'istituto cattolico e che ora hanno tra i 22 e i 23 anni denunciati dai carabinieri nei giorni scorsi perché responsabili dell'aggressione selvaggia fuori dal «Just Cavalli Café» del 18 maggio scorso a un avvocato milanese 38enne, Luca T., dopo che lui si era lamentato dentro il locale per essere stato spintonato. In realtà i responsabili individuati e accusati dai militari di lesioni gravissime aggravate dai futili motivi e dalla crudeltà e di rapina sono 5 (ma in origine erano una dozzina, ndr), amici di lungo corso, dediti alle arti marziali e iscritti all'università di cui sono però frequentatori ben poco assidui. Figli di professionisti e appartenenti a famiglie danarose, quattro di loro si sarebbero conosciuti proprio al San Carlo. Un «passaggio» che non identifica il collegio ambrosiano, soprattutto in virtù del fatto che gli indagati hanno lasciato il liceo anche e soprattutto proprio per il loro comportamento (ma su questo tasto don Aldo mantiene il più assoluto riserbo e non si addentra nei dettagli, ndr) non esattamente in linea con l'ispirazione cristiana della scuola.
Grandi frequentatori di locali - di giorno in Brera e di notte al parco Sempione - i cinque giovani, un gruppetto piuttosto compatto e affiatato, saranno sottoposti a giudizio immediato. Dagli ambienti investigativi emerge che, frequentazioni scolastiche a parte, non si tratta certo di tipi tranquilli. Gli indagati hanno una certa familiarità con le risse (il 18 maggio, al Just Cavalli, erano già stati protagonisti di un altro animato litigio nel locale) e, anche durante gli interrogatori, si sono mostrati particolarmente strafottenti. «Tanto che cosa possono farci?» avrebbero dichiarato senza mezzi termini e senza badare a chi poteva sentirli.
Di quella notte non hanno detto tanto. Non hanno potuto negare però che a fermare la loro furia, mentre continuavano imperterriti a prendere a calci la testa di Luca T. (il resto del corpo dell'uomo non ha un graffio, ndr) non è stato il sangue che gli usciva dalla bocca, dagli occhi e dal naso ma l'intervento di un parcheggiatore. «Chissà come sarebbe finita altrimenti» commenta un investigatore.

Intanto la vittima ha 18 placche di titanio nello zigomo e a breve verrà sottoposta a un'altra operazione all'occhio destro.

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