Quando i medici del «118» l'hanno raccolta dopo la spaventosa carambola in auto contro un albero e un palo della luce, la donna era ormai morta, ma comunque un cuore batteva ancora flebilmente dentro di lei. Era quello del figlio che da pochi mesi le stava crescendo in grembo. A quel punto sono iniziate tutte le pratiche per tenerla artificialmente in vita, nella speranza di salvare almeno il feto. Nonostante gli sforzi dei medici all'arrivo a Niguarda anche il bambino era morto. La centrale operativa era stata allertata dopo che una Toyota Yaris aveva perso il controllo ed era finita prima contro un albero poi contro un palo della luce. Nel terribile impatto, Telma V. M., cubana, 40 anni compiuti proprio quello stesso giorno, era stata sbalzata fuori dall'abitacolo, fino a rimanere esanime sull'asfalto. Le ferite riportate non le hanno lasciato scampo e quando i medici hanno cercato di intervenire, si sono subito resi conto che non c'era più nulla da fare. Alla ostinata ricerca di un piccolo segnale di vita però, hanno sentito «qualcosa». Era il battito cardiaco del bimbo in grembo. La donna era infatti ai primi mesi di gravidanza. I medici con un ecografo portatile hanno monitorato le condizioni del feto e cercato di tenere in vita le funzioni vitali della madre. Avvertito la direzione sanitaria di Niguarda di predisporre la delicata operazione e infine iniziato una disperata corsa verso l'ospedale.
La speranza era di collegare la donna alle macchine e farla sopravvivere fino a quando il feto fosse cresciuto abbastanza per tentare di metterlo al mondo con un taglio cesareo. Ma questa volta il miracolo non si è ripetuto. Arrivata in rianimazione, il tempo di iniziare le necessarie terapie e anche il cuore del nascituro ha cessato di battere.
Spetterà ora alla polizia locale di Cinisello ricostruire la dinamica esatta dell'incidente, per capire se l'utilitaria sia stata urtata da un'altra vettura poi fuggita, oppure se la donna abbia perso il controllo da sola, forse per la velocità eccessiva o forse, banalmente, per un malore determinato dal suo stato. Ai vigili anche il doloroso incarico di avvertire la madre della vittima, che non sapeva neppure che la figlia fosse in stato interessante, essendo ancora ai primi mesi. La donna cubana morta aveva altri due figli di 12 e 13 anni.
Non si è dunque ripetuto il miracolo di Carolina Sepe, la giovane napoletana colpita da un proiettile alla testa il 25 agosto nel corso di una lite condominiale. Arrivata in ospedale in coma, i medici scoprirono che la donna era incinta di due mesi.
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