Industrie a rischio stop: «Energia, costi impazziti»

"Sos" del presidente di Assofond Fabio Zanardi: "Rabbia e incertezza totale, siamo sul Titanic"

Industrie a rischio  stop: «Energia, costi impazziti»

«Balliamo sul Titanic, e se non si interviene siamo destinati a soccombere». Le industrie «energivore», come le fonderie, si trovano in prima linea nella tempesta che si è scatenata sui costi delle materie prime. Una tempesta senza senso. «Eravamo preparati a un aumento dei costi - spiega il presidente di Assofond Fabio Zanardi - ma se avessimo dovuto affrontarli per la transizione ecologica, per lasciare un ambiente migliori ai nostri figli, avrebbe avuto senso. Se il nostro Paese fosse in guerra e mancasse il gas, ce ne saremmo fatti una ragione. Io però rischio di porre fine a una storia di 90 anni, e quattro generazioni, solo per un mercato anomalo in cui nessuno riesce a intervenire, e in cui qualcuno guadagna alle spalle di altri, mentre noi non sappiamo come andare avanti».

Parla di «frustrazione e rabbia», Zanardi. «Tutto il tessuto rischia di saltare» avverte. L'incertezza è totale, gli imprenditori non sanno come e quando la tempesta degli aumenti passerà. Molte fonderie hanno anticipato le chiusure estive a luglio, nella speranza di trovare al rientro una situazione migliore, ma così non è stato e quello che succederà il mese prossimo è impossibile saperlo.
Il 2022 è stato un anno positivo ma le previsioni inquietano.

Fabio Zanardi

Quello delle fonderie è un comparto tipicamente radicato nel Nord Italia, dove ha sede circa l'80% delle oltre 1.000 fonderie italiane. Nel distretto del Bresciano hanno sede 200 aziende con 6.300 addetti che producono circa 400.000 tonnellate di getti (un quinto dell'intera produzione nazionale). Le fonderie complessivamente impiegano circa 30.000 persone fatturando quasi 7 miliardi di euro, con una forte vocazione all'export.

Nel 2021 il mercato ha beneficiato della spinta che ha permesso di recuperare il gap col periodo pre-pandemia. Il fatturato è cresciuto ma il prezzo spot medio dell'energia elettrica a luglio era in aumento del 300% rispetto a luglio 2021 e del 700% rispetto a gennaio 2021.

«Da fine 2021 stiamo denunciando questi aumenti - ricorda Zanardi (foto) - e dispiace che il nostro allarme sia rimasto inascoltato. Confindustria aveva avanzato delle proposte ma nulla è stato fatto dal punto di vista strutturale. Ora ci troviamo in balia degli eventi, speriamo che in Europa decidano ciò che serve. Nel frattempo la nostra situazione è meno drammatica rispetto a carta e ceramica, siamo stati costretti ad alzare i prezzi, la domanda sembra reggere ma temiamo che possa interrompersi da un momento all'altro. Il 2022 potrebbe chiudersi in una situazione non catastrofica, ma stiamo ballando sul Titanic, è impossibile pensare a un futuro a lungo termine e così non possiamo competere con i concorrenti europei. Se va avanti così, saremo costretti a soccombere. Moriremo di morte differita, se non immediata».

Assofond ha lanciato l'allarme quasi 9 mesi fa, da allora la situazione è peggiorata. «Allora il prezzo medio era 281 megawatt/ora - calcola Zanardi - il valore è di domani è 661. Abbiamo vissuto un periodo di allarme, poi di stabilità a livelli molto alti, poi a fine giugno è arrivata un'impennata fuori controllo, con valori che hanno toccato quota 740». Un'impennata che colpisce soprattutto chi compra a spot, «ma sono saltate anche fonderie che avevano contratti fissi, per il fallimento di fornitori». In questa tempesta, il rischio di fermo produttivo è reale. «Dipende da tre variabili - spiega Zanardi - non ci fermiamo se la domanda tiene, se i clienti accetteranno gli aumenti e se non saranno imposti razionamenti. Siamo in balia degli eventi e rischiamo molto, proviamo una grande frustrazione, in nostro potere non c'è nulla».

La speranza degli industriali è che siano accolte le proposte che, secondo le imprese, possono calmierare i prezzi e stabilire un nuovo equilibrio, stabile duraturo.

«Ci sono misure che anche noi in Italia potremmo adottare, come altri Paesi hanno fatto - sintetizza - e siamo convinti che tutti, aziende e stipendi dei lavoratori, possano essere preservati con risorse impiegate a monte, piuttosto che distribuite in compensazioni, aiuti e sollievi vari. Aziende e famiglie non sono in antagonismo. Ma tocca soprattutto all'Europa decidere come uscirne».

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