Valentina Bonetto, scienziata e responsabile di un laboratorio all'istituto «Mario Negri», questo sciopero le è piaciuto?
«Ho sentito donne che avrebbero anche partecipato, ma si chiedevano come fare, visto che i mezzi pubblici erano a rischio. Io ho scritto che avrei celebrato l'8 marzo facendo quel che mi diverte di più. E ho la fortuna di avere un lavoro che mi appaga».
Potrebbero dirle che pensa a se stessa ma non alle altre.
«Nel mio piccolo penso anche di aiutare altre donne. Io a parità di curriculum preferisco le donne. Nella ricerca, che dà come prima gratificazione non il denaro ma la passione, il mio contributo è questo. E dare l'esempio di donna contenta del suo lavoro, con una figlia e in grado di gestire tutto. Le posizioni apicali sono sempre in mano agli uomini. Le donne spesso possono investire meno nel lavoro e poi non hanno figure di riferimento».
Per la prossima generazione sarà diverso: i modelli ci sono.
«Non è banale sapere che si può fare. Gli uomini, anche quelli più aperti, preferirebbero che fosse la compagna a crescere i figli e non la baby sitter. E la collaborazione privata è fondamentale».
Si riesce a conciliare serenamente o c'è qualche rimorso?
«Piccoli sensi di colpa sono normali nei genitori. Ma mia figlia è una femmina e capirà che se non facessi questo non sarei la stessa persona. Non potrei stare sempre a casa con lei e darle la stessa serenità. Poi per fortuna lei esige la mia presenza e mi fermo».
Il suo «team rosa» a Milano forse è un'isola felice.
«Io mi occupo di Sla, dopo la laurea a Padova sono stata in Svezia per il dottorato di ricerca al Karolinska Institutet, quello dei Nobel. Dopo 5 anni sono stata accolta molto bene, con un finanziamento Telethon ho messo su un gruppo ricerca. In Italia, finché rimani al livello base va bene, ma è difficile essere credibili come leader. E chi ci giudica? Uomini. In Svezia mi hanno insegnato che più figli hai e più lo fai vedere, più sei al top: sei organizzata. In Italia un po' lo nascondi. Eppure io e le mie ragazze ci siamo organizzate e siamo sopravvissute. Bisogna essere motivate, sì».
Si possono fare cose concrete per donne? Si dice: «Più asili».
«E non solo. Per esempio una donna incinta non può entrare in un laboratorio perché potrebbe essere rischioso.
In realtà è una norma che le ostacola e in gran parte è inutile. Poi i concorsi: a volte ci sono limiti di età. Spostiamoli per le donne. Se sei un uomo entri se sei under 40, se sei donna 43. Sì, c'è molto da fare».AlGia
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