L’ex tipografo di 75 anni diventato tassista per aiutare il figlio e reinventarsi il futuro

L’ex tipografo di 75 anni diventato tassista per aiutare il figlio e reinventarsi il futuro

Un taxi per ridisegnarsi il futuro. Milano, via Cordusio, qualche sera fa. Ad aspettare sotto la pioggia c’è solo Sierra 82. Guida un signore già avanti nell’età che chiede di rimanere nell’anonimato.
«Ho settantacinque primavere - racconta - e ho fatto il tipografo per tutta la vita. Quattro anni fa ho dovuto chiudere perché già arrivava l’onda di crisi. Ho venduto tutte le mie macchine a un museo». Ma da buon milanese l’anonimo guidatore del Sierra 82, voce dolce e occhiali, non si arrende all’idea di pantofole e divano. Decide di aiutare il figlio, proprietario del taxi. O forse il figlio decide di aiutare lui. Si mette in coda con ragazzi che potrebbero essere suoi nipoti, prende la patente e da allora il sabato e la domenica diventa Sierra 82. Fa salire i clienti, li porta a destinazione e guadagna per incrementare la sua pensione.
«Anche i miei amici non sanno cosa faccio nel fine settimana. Non è stato difficile passare l’esame. Ho dovuto soltanto imparare a memoria le vie della città. E’ vero, guidare non è la stessa cosa che fare il tipografo, ma oggi molti taxi sono diventati luogo di riciclo di persone che hanno perduto il lavoro per via di questi tempi di restrizione. I trentenni e quarantenni che attualmente conducono un veicolo spesso sono lavoratori che vengono da un altro settore. Il taxi diventa la soluzione per galleggiare sulla crisi. Aiuta a campare».
Il «pensionato non rassegnato» racconta della sua grande passione per la tipografia. Ma il nuovo impego non gli dispiace. Anzi. Anche se il primo era un’altra cosa, un amore accentuato anche da un evento di stampa. Quale? «Fu grazie a Indro Montanelli che mi innamorai di più del mio lavoro di un tempo». «Difficile che dimentichi l’anno - prosegue -. Era il 1974. Fui uno dei primi abbonati del Giornale. Un periodo bellissimo. Allora mi sentivo solo a causa del mio pensiero. Eravano in tanti a sentirci soli».
I primi tempi il Giornale era proprio un manifesto: le rivoluzioni vanno sotto nomi che sanno di controrivoluzione. «Allora c’era Aldo Moro. Il compromesso storico. Le convergenze parallele. Checché se ne racconti ora, mi vedevo lo spettro del comunismo venire avanti. Mi sentivo solo. Ma Montanelli è spuntato: una parola diversa dal resto di tutta l’altra stampa». Era quando comperare un giornale significava entusiasmo, un entusiasmo che si sente ancora nella voce di questo settantacinquenne che faceva il tipografo e ora guida un taxi il sabato e la domenica, guadagnandosi ancora «qualche soldino» come altri vorrebbero fare e magari non ne hanno il coraggio.


Facendo finta di nulla se l’anagrafe ti considera vecchio ma con l’unico vezzo di non dire il suo nome e di non raccontare «neppure agli amici» quello che da qualche tempo ormai è diventato il suo secondo lavoro. Un week end portando a spasso la gente per le vie di Milano, con l’orgoglio di 75 anni ben mascherati e la voglia di non arrendersi neppure alla carta d’identità.

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