L'albero della cuccagna, nelle fiere di una volta, era un imbroglio: in alto c'era ogni bendidio, ma arrivare a impadronirsene era quasi impossibile. Sarà colpa del nome? Sta di fatto che anche la bella storia della cascina Cuccagna, il vecchio complesso agricolo fuori Porta Romana recuperato a nuova vita, sta finendo malamente. Cittadini qualunque, volontari, associazioni, si erano rimboccati le maniche per recuperare con la benedizione del Comune la grande struttura diroccata. Ora infuriano le polemiche. E investono inevitabilmente il gruppo dirigente della società che gestisce il tutto, espressione della sinistra più chic della città: il presidente è Andrea Di Stefano, giornalista, candidato alle primarie Pd per le regionali del 2011, insieme a lui ci sono l'ex parlamentare comunista Anna Catasta e il rifondarolo Carlo Rutigliano, nonchè l'ex direttore artistico del Milano Film Festival Beniamino Saibene.
Sul gruppo dirigente della Cuccagna si sta abbattendo in questi giorni la rabbia di una lunga serie di artigiani e di cittadini che hanno lavorato in questi anni al recupero della cascina, e che si sono ritrovati bidonati. All'appello mancano 500 mila euro. Secondo quanto scrive uno delle vittime, il restauratore Juan Carlos Usellini, «il Consiglio Direttivo insediatosi 2 anni fa, è riuscito a versare solo l'8% del debito totale in questi due anni. Per molti la situazione è divenuta insostenibile, ma il Consorzio continua a ripetere che soldi non ce ne sono. Noi vediamo però che il Ristorante "Un Posto A Milano" funziona a pieno regime e si susseguono attività ed investimenti in Cascina, non ultimo l'apertura di un Ostello». Dell'Ostello e del ristorante, peraltro, sarebbe socio lo stesso Saibene che siede nel consiglio direttivo della Cuccagna.
«E' incredibile che anche la amministrazione comunale, possa cedere un suo immobile per fini sociali, e questo diventi una realtà che produce profitto per qualcuno e non paga i debiti». scrive Usellini. Il grido di dolore dei bidonati è stato rivolto anche a Lucia De Cesaris, responsabile dell'assessorato al Demanio del Comune, che ha concesso in uso la cascina al consorzio. «Non sono fatture che deve saldare il Comune», gli ha risposto l'assessore. Ma a commentare le proteste degli artigiani è in queste ore anche buona parte dei frequentatori della cascina, che si proclamano delusi dalla deriva commerciale di un progetto nato sotto tutt'altro spirito.
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