Tempi duri per chi prova a perseguire i centri sociali che occupano abusivamente edifici privati. Nei recenti processi infatti molti antagonisti e membri dei collettivi studenteschi accusati di questo reato sono stati assolti. Con i giudici a stabilire un principio che ai non addetti ai lavori rischia di apparire paradossale: per condannare l'occupante abusivo non è sufficiente la sua documentata presenza nell'immobile, se non viene provato che abbia anche partecipato all'invasione.
Uno di quei circoli viziosi che si annidano nel codice, ma che fanno a pugni con la logica. E che in queste vicende rendono difficile sia fare le indagini sia poi celebrare i processi. Un esempio importante è la sentenza emessa il 26 febbraio dal giudice Paola Filippini, della Seconda sezione. A processo erano arrivati cinque antagonisti, dei circa trenta esponenti del Lambretta e dello Zam che il 10 dicembre 2015 avevano occupato un ex asilo di proprietà di una onlus in via San Calocero 8, non lontano da Sant'Agostino. L'occupazione dello spazio chiamato «Zip» era durata fino allo sgombero del 9 agosto 2016. La Digos, come sempre in tali casi, aveva documentato per il pm la presenza degli imputati all'interno del palazzo in diverse occasioni. Erano stati visti lì, sorpresi a portare fuori la spazzatura, avevano dichiarato espressamente che quello era uno spazio occupato. I giovani si erano difesi dicendo di essere passati qualche volta allo Zip, per curiosità o per partecipare alle attività ricreative, ma a occupazione già avvenuta. E di essere stati identificati proprio in quei frangenti.
Nelle motivazioni il giudice analizza il contenuto dell'articolo 633 (comma 1 e 2) del Codice penale: «Invasione arbitraria di terreni o edifici altrui al fine di occuparli». E conclude che la legge punisce «la condotta di colui che si introduce deliberatamente dall'esterno nel terreno o nell'edificio altrui, al fine di occuparlo o di trarne altrimenti profitto, per cui deve escludersi che integri il reato la semplice permanenza nel fondo o nell'edificio altrui, contro la volontà dell'avente diritto, non preceduta dall'attività di invasione». La Corte, citando alcune pronunce della Cassazione, dichiara che quello in questione è un «reato istantaneo», che «si consuma nel momento in cui l'occupazione ha inizio». Se qualcuno non ha partecipato al blitz quindi, è poi libero di restare nell'edificio quanto gli pare. «È certamente provata - scrive il giudice - la presenza» degli imputati nell'immobile. Ma senza la prova dell'invasione non basta.
Non è l'unica sentenza di questo tipo emessa negli ultimi mesi. Gli inquirenti rispondono che, al di là dei singoli episodi, in tali termini in futuro diventa praticamente impossibile perseguire chi occupa e che tale reato rischia di restare impunito. Non è infatti pensabile, né previsto dalla legge, che le forze dell'ordine controllino i membri dei centri sociali per riuscire a coglierli nell'atto di invadere un edificio. Per provare a superare l'ostacolo di paletti tanto stretti, il pm del processo sullo Zip, Piero Basilone, ha fatto ricorso in Cassazione contro la sentenza.
Se il giudice dice che l'invasione è stata messa in atto da persone non identificate e non dagli imputati, la Procura seguendo il filo logico sottolinea che comunque questi ultimi stavano occupando l'immobile. E quindi sono per forza entrati arbitrariamente, anche se successivamente al blitz del 10 dicembre 2015. Il reato rimane.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.