L'Europa e il desiderio di libertà nelle opere di cento artisti da 27 Paesi

L'Europa e il desiderio di libertà  nelle opere di cento artisti da 27 Paesi

Stride con la cronaca, la mostra che ha appena inaugurato a Palazzo Reale. In tempi burrascosi per l'Europa, con l'economia al collasso, la minaccia di referendum (vedi grillini) per uscire dall'euro, una crisi di identità sempre crescente tra Bruxelles e Strasburgo e un continente che si scopre sempre più vecchio e immobile, l'arte torna a graffiare. E, beffarda, dimostra che forse le cose si possono cambiare. «The desire of freedom. Arte in Europa dal 1945» è un'ampia mostra (quasi un centinaio gli artisti coinvolti, provenienti dai 27 Paesi) che indaga il senso della libertà in Europa dal dopoguerra in avanti. Realizzata su iniziativa del Consiglio d'Europa e promossa in Italia dal comune di Milano insieme al Deutsches Historisches Museum di Berlino (che l'ha appena ospitata, con un boom di visitatori) e 24 Ore Cultura, deve al piglio della curatrice, la tedesca Monika Flacke, direttrice del museo berlinese, la sua ricchezza e la sua complessità. Dodici le sezioni del percorso che si addentra nel tema (filosofico più che artistico) del valore della liberta: Monika Flacke raccoglie anzi quasi cataloga le tante opere di artisti che, dal secondo Novecento e fino ai primi anni Duemila, hanno riflettuto sul tema dei diritti umani, sui rapporti tra singoli e stato, sul significato della libertà individuale. Le chiediamo se c'è un'opera-simbolo della grande collettiva che, dopo la tappa milanese, volerà a Tallinn, in Estonia: «Non intendo fare un singolo nome, indicare una corrente, un periodo storico. Questa è una mostra “circolare“ che riflette, pur nelle diversità degli artisti, sulle radici comuni. Qual è il comun denominatore? Direi l'illuminismo, la forza della ragione. È questo il tema alla base di opere tanto diverse», commenta la curatrice. E se l'audioguida diventa uno strumento indispensabile per orientarsi nella vastità dell'offerta, la mostra è, per usare le parole dell'assessore alla Cultura Stefano Boeri, anche «una mostra di assoli». Tanti, tantissimi infatti i pezzi da novanta della storia dell'arte contemporanea: dall'igloo di Mario Merz all'installazione di Arman, dai barili di petrolio di Christo, che accolgono il visitatore all'ingresso, al «Tutto è propaganda» di Mario Schifano. E poi Yves Klein, Emilio Vedova, Kounellis, il notevole Erik Bulatov. Di grande effetto la prima sala, con le opere di denuncia di Richard Hamilton sulle responsabilità politiche del Vecchio Continente nelle guerre del mondo. Il desiderio di libertà di espressione accomuna artisti distanti tra loro e pare questo il messaggio più forte che la mostra vuole dare: «L'arte ha molto da dare all'Europa»¸ conferma Monika Flacke.

Struggente la parte conclusiva del percorso, dove libertà politica e libertà individuale si fondono: Maria Lassnig, classe 1919, tedesca, con lo sconvolgente «Tu o io», ritratto di un'anziana che punta una pistola al visitatore e con l'altra mano la punta alla sua tempia, così come Alberto Giacometti e la sua «Gabbia» raccontano un desiderio di libertà in perenne attesa di realizzarsi.

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