Solo una cosa è più dannosa di un Comune che vuol fare «politica estera» ed è un Comune che non la sa neanche fare. Il sindaco Giuliano Pisapia - distratto, distante e disinformato - si trova ora nel bel mezzo di un nuovo caso politico-diplomatico, alle prese con un nodo mai sciolto: la natura delle comunità islamiche cittadine. Non è certo un caso se, dopo la preghiera dell'imam Sheykh Riyah Bustanji all'Arena civica, è scoppiato un nuovo putiferio. Il problema esiste e persiste. Come è possibile che in una grande metropoli civile e progredita (e ora «progressista») sia ricevuto con tutti gli onori del caso, in uno spazio pubblico concesso dal Comune, un predicatore capace di incitare al «martirio religioso» dei bambini? Com'è possibile che trovi a omaggiarlo un assessore spedito lì dal sindaco con un messaggio grondante buonismo e inconsapevolezza (e anche, purtroppo, un emissario della Curia?). Diamo per scontata la buona fede di tutti, ma come è possibile che oggi, scoppiato il caso Al Bustanji, nessuno si senta in dovere di prendere le distanze? Cosa dà all'assessore all'Istruzione (appunto) Francesco Cappelli tutta questa sicurezza di non aver niente di cui scusarsi. Lui che ha in mano le scuole frequentate dai nostri figli cosa pensa delle azioni kamikaze di un ragazzino palestinese di 10 anni? E il sindaco, cosa ne pensa? Pisapia si è rammaricato di non poter partecipare al Ramadan e ha mandato quella lettera lunghissima (era proprio necessaria?). Oggi non gli sembra importante condannare quelle parole del predicatore? Neanche dopo che il presidente della Comunità ebraica Walker Meghnagi, con evidente benevolenza nei suoi confronti, gli ha chiesto di farlo?
I precedenti di questi ultimi anni, è vero, sono desolanti. Basti pensare al pasticcio combinato con la visita del Dalai Lama e alle scivolate sulle feste, israeliana e palestinese. Questi casi non sono coincidenze. Basta tornare indietro di 12 mesi, quando l'ex sindacalista vendoliana e sicuramente femminista (appunto) Cristina Tajani, col suo bel velo, è corsa all'Arena ma ha finto di non vedere il problema delle donne nell'Islam radicale (o meglio fanatico). Pisapia tace. Cappelli tace. Tace anche Davide Piccardo, il coordinatore del Caim (i centri islamici milanesi) che pure ha provato a dare alle «moschee» della città un volto e un linguaggio nuovo. La Comunità ebraica gli chiede di dimettersi. Lui aspetta che passi la tempesta ma l'impressione, con questi presupposti ideologici, è che sia già pronta la prossima. Intanto le domande, anche qui, abbondano: il Comune sui nuovi luoghi di culto sembrava aver imboccato in astratto la strada giusta della contrattazione (spazi in cambio di trasparenza).
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