L'uomo del (quasi) miracolo in bilico fra l'Italia e l'oblio

Una rimonta esaltante fino a un passo dal traguardo Ora il bivio: esperimento chiuso o solo primo passo?

Parisi si è fermato a 17mila voti dal traguardo, 17mila voti, a Milano, separano una sconfitta dal capolavoro. Se ce l'avesse fatta, infatti, oggi si celebrerebbe la nascita di un leader (comunque impegnato a fare il sindaco). Il candidato del centrodestra, invece, ha è stato sconfitto, anche se giocando bene. La domanda dunque resta aperta: Parisi ha fatto una mezza impresa oppure l'esperimento è fallito?

Il bicchiere è mezzo vuoto, per chi lo guarda a destra. La fascia tricolore sulla giacca blu di Sala, oggi autorizza la Lega e Fratelli d'Italia a sottolineare cos'è mancato. Matteo Salvini ha parlato del protagonismo di personalità centriste «che non c'entrano niente con la Lega». Ignazio La Russa ha evidenziato che «ha conquistato qualche voto al centro» «ma non abbiamo fatto il pieno a destra». Logica conseguenza: l'avventura di Parisi si può archiviare o comunque circoscrivere a Milano, dove Parisi siederà in Consiglio comunale (in quale gruppo?). Seguire altre strade è il passo successivo.

Il bicchiere è mezzo pieno, invece, se lo si guarda al centro. All'inizio dell'anno, si dice, un testa a testa non era prevedibile neanche nel più roseo dei sogni. E la battaglia di Parisi contro il super favorito Sala sembrava impari. Il manager di centrodestra, infatti, lo conoscevano in pochi. Tecnico di valore, certo. Economista forgiato nella grande scuola del sindacalismo socialista. A 28 anni era stato capo della segreteria tecnica del ministero del Lavoro, poi a Palazzo Chigi e alla Farnesina, infine capo del dipartimento economico di Palazzo Chigi. Un fenomeno nel suo genere, ma come candidato non se lo aspettava nessuno. Aveva guidato la macchina comunale alla fine degli anni Novanta, è vero, in un'era esaltante per il centrodestra. E aveva lavorato con quella giunta di fuoriclasse immaginando insieme Gabriele Albertini una Milano oggi ammirata da tutti. Ma sempre nell'ombra, senza la chance di un'avventura mediatica pari a Expo. Poi erano passati gli anni, erano arrivati gli incarichi da manager privato e l'avventura imprenditoriale. Ed è solo all'inizio del 2016 che da questa storia personale brillante e singolare si forgia il profilo di un politico.

Parisi dunque è partito da zero ed è finito testa a testa con l'uomo del Pd, il candidato di Matteo Renzi, l'uomo preferito dai poteri forti e dalla buona borghesia. Non solo: lo ha tenuto lontano dal voto moderato, spingendolo a sinistra, dove si è salvato al fotofinish grazie al voto della solita sinistra-sinistra, l'unica apparentemente solida alle primarie. Tirato in ballo da un declinante e volubile Matteo Renzi, Sala ha oscillato fra il desiderio di mostrarsi innovativo e la necessità di appoggiarsi alla solita vecchia sinistra.

Parisi ha scelto un'altra strada: ha cucito sulla sua figura il vestito di un centrodestra unito e allargato. E il miracolo gli è (quasi) riuscito. Ha scelto toni moderati senza impelagarsi troppo nel politichese, ha costruito un programma forte sulla sicurezza cercando soluzioni. Per qualcuno non ha motivato abbastanza quel mezzo milione di elettori rimasti a casa (uno su due).

Fra le fila azzurre ci sono pochi dubbi: ha fatto il pieno al centro e nelle condizioni date non era pensabile fare di più. Che la sua rimonta sia una specie di capolavoro lo pensano in molti altri, dunque. Gli alleati centristi come Manfredi Palmeri, per esempio, ma anche gli uomini di Forza Italia. La capogruppo Mariastella Gelmini, per esempio, che ha parlato di un modello Milano, evocando la possibilità di seguirlo altrove. Analisi simile per Bruno Dapei, liberale doc, vicino come nessun altro a Parisi. L'ex presidente del Consiglio provinciale, storico esponente azzurro, ha seguito il candidato come un ombra per i quattro mesi della campagna elettorale, da capo del suo staff. E oggi, delusione a parte, Dapei non ha dubbi: «Mancò la fortuna, non il valore» ha scritto.

«Fortuna e tempo per farlo conoscere» aggiunge. «Questa tracciata da Parisi è la strada giusta e porta lontano - garantisce - spero che ne siano altri, di Parisi. Quello che abbiamo, io dico che dobbiamo tenercelo stretto».

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