«Macao ora deve smettere di occupare»

«Macao ora deve smettere di occupare»

Assessore Boeri, alla fine i «lavoratori dell’arte» sono stati sgomberati anche da Palazzo Citterio. Qualcuno le ha fatto sapere dove andranno a occupare stavolta?
«Non ho contatti diretti con il collettivo Macao e dunque non ho la più pallida idea sulle loro intenzioni. Avevamo fatto loro una proposta interessante che hanno rifiutato ma che resta aperta. Tant’è che ho dato appuntamento a tutti all’Ansaldo dall’11 al 17 giugno per discutere le proposte»
Ha dato appuntamento a chi? A Milano esistono centinaia di associazioni ma la sensazione è che siate aperti solo a quelle di una certa area politica, vedi Arci ecc.
«Dissento: abbiamo in calendario una trentina di interventi da associazioni teatrali, la Casa della Poesia, rappresentanti di cinema, design e moda, istituzioni come Naba e Politecnico».
Prima, però, avete legittimato chi è andato a occupare illegalmente. Lei e il sindaco Pisapia avete preso parte alle assemblee di Macao.
«È vero, quell’azione era illegittima, però resto convinto che io e Pisapia abbiamo fatto bene ad ascoltare le ragioni ndi Macao, anche perchè non si trattava della classica occupazione in stile centro sociale, quanto di una rete estremamente eterogenea che raggruppava associazioni anche del mondo universitario che chiedevano un modo diverso di dialogare»
Dialogare occupando?...
«Beh, le ricordo che nel 1947 a Milano due giovani occuparono un palazzo a Brera e l’allora sindaco Antonio Greppi, dopo averli ascoltati, decise di dar loro fiducia. Quei due ragazzi erano Paolo Grassi e Giorgio Strehler».
Però il fatto che Macao abbia rifiutato l’Ansaldo occupando Palazzo Citterio dimostra che proprio in buona fede non era
«Non posso certo mettermi nelle loro teste. Certo è che occupare Palazzo Citterio è stato un grave errore, anche perchè ha rischiato di bloccare un progetto che finalmente, dopo tanta fatica, sta finalmente partendo».
Dunque per l’Ansaldo farete un vero bando di concorso aperto a tutti?
«Stiamo ancora valutando come assegnare i 6.000 metri quadri della stecca che è quasi pronta. Un bando classico che si basa sui curriculum delle associazioni potrebbe penalizzare le nuove proposte. Potremmo decidere di assegnare gli spazi a rotazione in funzione dei singoli progetti. Vedremo».
Parliamo di spazi istituzionali. Lei annunciò di voler dare chiare identità ai luoghi espositivi. Che c’entrava la mostra di Dario Fo a Palazzo Reale?
«Piaccia o no, Fo è una grande personalità artistica oltre che un premio Nobel, e Milano aveva un debito di riconoscenza verso di lui»
Sarà, ma potevate dargli la Scala anzichè uno spazio per le arti visive. Non sarà che il debito era di tipo elettorale?
«Lo nego, e voglio anche sottolineare che non si tratta di una classica mostra di quadri ma di un evento performativa dove Fo vuol raccontare la sua vita attraverso la pittura ma anche la recitazione».
Anche la mostra sul Bramantino al Castello è stata criticata per l’assenza di opere importanti che potevano essere chieste alla collezione Thyssen o alla National Gallery
«La mostra ha un titolo inequivocabile: Bramantino a Milano, il che significa raccontare il percorso del grande artista cinquecentesco attraverso i capolavori in nostro possesso, da Brera all’Ambrosiana. L’abbiamo realizzata con pochi fondi e il ministro Ornaghi l’ha molto apprezzata».


E il pasticcio dell’Arena? Manca ancora un calendario e alcuni concerti rischiano di saltare
«Spero di no. Sull’appalto volevamo fare un’operazione di trasparenza, ma l’anno prossimo sarà meglio anticipare il bando di tre-quattro mesi».

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