Alberto Giannoni
La caselle stanno andando tutte al posto giusto. Dieci giorni da Roberto Maroni ha incassato il via libera del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. Ieri ha ricevuto il via libera di Matteo Salvini, fresco di conferma alla guida del suo partito, la Lega Nord: «Evidentemente sì», ha risposto il segretario del Carroccio ai giornalisti che gli chiedevano se l'attuale governatore sarà di nuovo in corsa per la presidenza della Regione nelle elezioni in calendario nel 2018.
Forza Italia non ha ancora formulato un sostegno formale ma prodigo di riconoscimenti con l'attuale inquilino del Pirellone è stato il leader azzurro Berlusconi, che con Maroni ha lavorato due volte in Consiglio dei ministri (è stato il suo ministro degli Interni e poi del Welfare): «È un governatore che funziona benissimo e tutti i sondaggi lo confermano - ha detto dieci giorni fa l'ex premier nel corso di un appuntamento elettorale - Per ora non c'è alcuna necessità di cambiare un cavallo vincente».
Dal canto loro, gli ex Ncd - che qui sono organizzati sotto le insegne di Lombardia popolare - hanno fatto capire che non intendono rinunciare alla formula politica che regge il Pirellone, con un presidente che incarna la vocazione di governo della Lega. Il presidente del Consiglio regionale Raffaele Cattaneo lo ha spiegato al «Giornale» in tempi non sospetti e anche di recente, nel voto in Consiglio su Europa ed Ema, Maroni si è mostrato capace di elaborare una linea anche autonoma e apprezzata anche al di fuori del perimetro del suo partito. Anche in occasione dell'ultima esternazione di Salvini contro i centristi, dopo le primarie, polemiche e discussioni sul rapporto fra la Lega e gli (ex) Ncd sono durati lo spazio di un mattino. Il coordinatore regionale di Lp Alessandro Colucci si era appellato a Maroni e il governatore aveva in qualche modo «garantito», anche sulla capacità di convincere Salvini ad accettare questa formula lombarda (un centrodestra allargato al centro), collaudata in 5 anni di governo, anche davanti alle prove politicamente più complesse.
Maroni punta molto sul referendum sull'autonomia, fissato al 22 ottobre in Lombardia e in Veneto. Al di là di critiche di metodo e rilievi, nessuno neanche fra i rivali sta facendo campagna per il No. Sull'esito finale, dunque, non dovrebbero esserci dubbi. Maroni dunque non spera solo in una vittoria del sì, auspica anche un'alta affluenza (pur irrilevante ai fin del quorum).
Non tutti ricordano che la Lombardia ha da quasi 10 anni, uno «statuto di autonomia» che fu il risultato - largamente condiviso in Consiglio - di una vertenza federalista che partiva da lontano ed è arrivata a un passaggio storico, una partita «con Roma» che Maroni vuole negoziare da posizioni di forza, sui poteri e soprattutto sulle risorse.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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