A Milano 20mila ucraini: "Sentiamo i nostri cari, giorni di paura e dolore"

In Lombardia vive 1 residente in Italia su 5. Le storie: "Aiutateci, il nostro Paese è solo"

A Milano 20mila ucraini: "Sentiamo i nostri cari, giorni di paura e dolore"

«La mia nipotina mi ha confessato di aver paura, ieri mi ha chiesto di dire una preghiera per lei e per i suoi genitori. Ha già preparato il suo zainetto e ci ha messo dentro il cibo per il suo gattino».

Gli ucraini in Italia vivono giorni di angoscia, dormono con il cellulare attaccato all'orecchio e continuano a chiamare casa in cerca di conferme e notizie dai loro cari. Il resto del tempo lo passano incollati ai notiziari televisivi e sui giornali telematici. La comunità degli ucraini in Italia, - integratissima e laboriosa - è composta da oltre 230mila persone. Numerosissime le donne, che spesso si occupano di anziani e sono sole qui, con il resto della famiglia in patria.

Un quinto degli ucraini risiede in Lombardia, circa 20mila a Milano. Olga racconta la sua storia. Una vita di sacrifici, lontana da casa, e improvvisamente diventata una storia di terrore, di ansia per le sorti di chi è rimasto a casa e paura di restare soli, ancora più soli. «Ho appena sentito tre uomini in strada, dicevano che Putin è un bravo ragazzo. Un bravo ragazzo».

Negli ucraini, non ci sono parole di odio per i russi. «Abbiamo molti parenti lì - ricorda - i russi non vogliono la guerra, li ho visti in piazza, ma Putin dice bugie, dice che l'Ucraina non esiste ma è sempre esistita, lui vuole l'Ucraina perché terra è fertile, vuole il carbone e il mare, voleva Odessa, vuole tutto».

Ogni racconto è simile a quello di altri, ma ogni storia è diversa. Olga arriva da un cittadina non lontana da Ternopil, città capoluogo di provincia, verso la Polonia. «Noi non vogliamo la guerra - si dispera - non l'abbiamo mai voluta. Lavoriamo in Italia per fare star meglio le nostre famiglie. I miei figli sono cresciuti senza di me, i miei nipotini anche». Olga vive in Italia da 20 anni ormai. «Torniamo due-tre volte all'anno. Io avrei dovuto partire il 18 marzo e non lo farò». Olga ha due figli di 32 e 34 anni. Un maschio e una ragazza che lavora come infermiera specializzata in una casa per anziani. L'hanno già preparata, perché potrebbe dover intervenire nei bunker, se la situazione dovesse ulteriormente precipitare.

L'Ucraina occidentale è relativamente al riparo, ma si può dire che anche lì arriva l'eco degli attacchi diretti a Kiev, come alle città più importanti, agli aeroporti vicini e alle altre infrastrutture nel mirino degli attacchi putiniani. «I miei figli non vogliono venire qui ora - dice - non vogliono lasciare le loro case e il nostro Paese in questo momento. Mio fratello è stato chiamato per l'arruolamento, a 50 anni, mio marito non ancora, ne ha 57. La notte sto col telefonino acceso sul cuscino. La mia nipotina mi ha detto: Recita una preghiera per me, perché abbiamo molta paura. I bambini hanno paura a dormire soli. Lei ha preparato il suo zainetto col cibo per gatti». Molti altri stanno andando verso la Polonia: «Ho saputo che c'erano chilometri e chilometri di fila. E per fare benzina 5 ore di attesa. Le scuole sono chiuse, i negozi sono chiusi, le farmacie sono vuote. Devono chiudere la luce e non si trovano i generatori. Non siamo pronti a tutto questo». «Il nostro Paese ha avuto grossi problemi in passato col suo governo ma volevamo fare bene, far vedere a tutto il mondo che stavamo facendo bene. Ora non abbiamo la forza per affrontare da soli questo momento. Mancano armi, mancano i soldati, gli altri Paesi non ci aiutano.

Putin ha fatto capire che se vede un'uniforme della Nato schiaccia il bottone».

Agli ucraini resta solo la preghiera, e la speranza che l'incubo finisca presto: «Chiedo un aiuto. Tutti hanno paura di lui. Anche noi qui abbiamo paura. L'Ucraina nuda e disarmata».

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