«Milano, una bella donna l'unica che vorrei sposare»

«Milano, una bella donna l'unica che vorrei sposare»

di Filippo Timi

Milano non ti dice bugie, anche se sa benissimo che ti sta ferendo, ti dice comunque la verità, sempre. Dieci anni fa portavo in scena a Milano La vita Bestia, il mio primo monologo, dove sfogavo una rincorsa di desiderio e voglia di rivincita da strapparmi il cuore; oggi debutto con Skianto, la risposta a quella rincorsa di desiderio e di rivincita. Sono sette anni che abito, che lavoro, che amo, che mangio, che dormo, che aspetto alla stazione la mamma e il papà che da Ponte San Giovanni vengono a trovarmi; sono sette anni che mi Skianto contro quello che sono diventato, è arrivata l'ora per me di chiudere un cerchio, uccidere definitivamente i fantasmi, costi quel che costi. Skiantarmi addosso alla vita, cadere di faccia contro le contraddizioni, fare un frontale con la tenerezza, spaccarmi il naso contro il pugno di ogni pregiudizio, cadere piatto sull'acqua gelida di quel mare di sogni sporchi. Milano è una bella donna di quarant'anni, i capelli rossi, gli occhi verdi, un sorriso appena accennato e nello sguardo una sfida. Fammi vedere che cosa sai fare, mi vuoi? Accomodati, seducimi, ma sta attento, non credere di abbindolarmi con promesse d'amore eterno, o trucchetti da quattro soldi, ne ho vissuta di vita io! Da adolescente, vedo un film, Sposerò Simon Le Bon, la storia di una ragazzina di Milano nel periodo dei paninari, all'epoca non ero mai uscito da Ponte San Giovanni, e Milano mi sembrava una metropoli irraggiungibile, e poi al fratello della protagonista del film, due bulletti gli rubano le scarpe per strada, le mitiche Timberland. Milano è una città pericolosa pensai.
Molti anni dopo vidi invece Rocco e i suoi fratelli, e la Milano di quel Film mi sconvolse, quelle periferie, i cantieri, il tetto del Duomo, le case popolari, immediatamente un senso di appartenenza, la Milano di quegli anni somigliava molto di più a Ponte San Giovanni, non avevamo il tetto di nessun Duomo, ma i cantieri erano gli stessi, e anche le case popolari, ma soprattutto capisci che una grande città in realtà non è altro che un paese cresciuto in fretta. Parlando con un'amica, non ricordo di cosa, mi esce una parolaccia, la dico senza pensarci... «Dai Figa!» Lei mi guarda e mi fa: sei diventato davvero Milanese. Perché? È la prima volta che dici Figa con la G e non la C. Figa! È vero! Se dici che ti piace Milano, chiunque, anche un Milanese ti guarda storto. E se sei un attore, tutti danno per scontato che devi abitare a Roma, perché è a Roma che si fanno i film.
Ma davvero ti piace Milano? Roma è molto bella, c'è un clima più mite, tramonti fantastici, una simpatia generale contagiosa, eppure... a Roma mi sento un turista, a Milano mi sento a casa. Forse è colpa delle mie origini Grifagne, gli umbri sono in media piuttosto musoni e scontrosi, teneri dentro, ma la scorza fuori è una cotica di pregiudizi bella irta. Ho due famiglie, una che arriva in dotazione, e un'altra invece è la famiglia che crescendo ti crei da solo, non lo fai coscientemente, succede che a un certo punto ti senti protetto, e non più solo. E se Milano è la mia città, il Teatro Franco Parenti è la mia cuccia, una cuccia di desideri.

Milano è una bella donna di quarant'anni... una donna che la sa lunga, magari un giorno le chiederò di sposarmi, chissà se avrò mai le palle per farle una simile proposta? Intanto mi accontento di darle un appuntamento, chiaramente a teatro.

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