Cronaca locale

"Milano non è di Salvini, serve l'apporto di tutti. Via al cantiere liberale"

Il coordinatore regionale di Forza Italia: "Il governo non capisce il Nord e le imprese"

"Milano non è di Salvini, serve l'apporto di tutti. Via al cantiere liberale"

Massimiliano Salini, eurodeputato e coordinatore regionale di Forza Italia, lei conosce bene il mondo produttivo lombardo, qual è la sua situazione oggi?

«Pur provato, sembra tenere, perché sostenuto dal fatto di essere profondamente incardinato dentro le filiere e le catene di valore dell'Europa. Per esempio, i processi produttivi dell'auto e della chimica vedono nell'industria italiana, lombarda e veneta, un partner fondamentale. Ricordo durante il lockdown una lettera della Confindustria bavarese indirizzata agli industriali lombardi: li implorava di riaprire. Quindi ora da un lato godiamo di questa fondamentale, baricentrica presenza, ma dall'altro abbiamo perso per strada tante aziende che non hanno potuto reggere a questa chiusura di mesi».

Che sensazioni ha sulle prospettive dell'economia?

«Il governo ha deciso di impedire alle aziende di ristrutturarsi. Ora io posso capire che sia molto gradito in termini sociali, ma è un'illusione: se impedisci alla aziende di riconcepirsi, quei dipendenti ai quali è stato fatto quel regalino vedranno loro aziende morire. Questo blocco è una tipicità italiana. Questa è la differenza fra un governo che si fida delle imprese e un governo come l'attuale, che passerà alla storia come l'esecutivo che meno si fida delle imprese e del Nord».

Anche gli sgravi fiscali sono previsti solo al Sud...

«Sì. Invece la Lombardia ha varato il suo piano Marshall e chiede di rilanciare gli investimenti privati e in questo senso va anche la proposta di Forza Italia per le Zes, le Zone economico speciali in Lombardia. Ma la legge italiana prevede che si facciano solo al Sud o a Roma. Non solo non si è fatto ma c'è questa beffa. Allora alziamo il nostro grido e lo facciamo con buona pace anche degli alleati che fanno un legittimo tentativo di sfondare al Sud. Non ci si dimentichi che la brillantezza del Nord è ciò da cui origina la speranza di tutto il Paese. Il Nord deve continuare a essere un traino ma il governo non lo capisce e non capisce le imprese».

Li concepisce come galline dalle uova d'oro. Ma se continua così...

«È un governo miope che non si domanda neanche da dove arrivino le risorse che a mani basse utilizza. Inevitabilmente verrà punito, soprattutto al Nord, ma è necessario che si crei un'alternativa reale. Il centrodestra ha la responsabilità di rigenerare una proposta politica».

Avete confermato convinti la fiducia alla giunta lombarda.

«Siamo davvero convinti che il presidente Fontana possa e debba avere la fiducia di tutte le anime del centrodestra. La nostra è confermata in modo concreto. Il nostro lavoro, la nostra iniziativa va nel senso di una costruzione sempre più unita delle anime popolari e liberali, che rappresentano il ceto medio italiano, e che vedono tradizionalmente in Forza Italia la forza più rappresentativa, anche se oggi un po' indebolita. Fi sarà elemento trainante di una federazione che come coordinatore regionale credo essere lanciata non solo come messaggio politico ma come attore capace di proporsi fin dalle prossime scadenze. Il centrodestra non può parlare solo di confini nazionali da presidiare, soprattutto alla luce di questa emergenza».

Un cantiere con aree civiche e culturali, più che con soggetti politici?

«Anche con soggetti politici. C'è un dialogo con amici che popolano quest'area e non c'è più ragione che non lavoriamo insieme».

Si parla anche di qualche defezione, di qualche fuoriuscita da Fi.

«Con le priorità drammatiche di cui abbiamo parlato, e con le responsabilità che abbiamo, sentir parlare di discussioni su questi passaggi fa abbastanza pena. Dobbiamo allargare il campo, lo devono sapere anche coloro che sono attratti da ambiti che paiono facilitare la rielezione. Sappiano tutti che la prospettiva è un cantiere liberale, popolare, cattolico, capace di ospitare il lavoro di tanti fino ad arrivare spero a una voce unica».

Alle Comunali?

«Da sempre il personale politico di area moderata, cattolica e liberale è protagonista nei territori. Il candidato noi ce l'abbiano sempre, poi a volte dobbiamo rinunciare. A Lecco c'è un candidato forte di area centrodestra, come a Mantova un leghista. Nel Milanese, in alcuni casi Fi ha ritenuto di presentare i suoi candidati, nei Comuni le dinamiche sono spesso figlie di realtà locali e non deve scandalizzare che non si vada insieme al primo turno. Il centrodestra non è un reggimento, è molto libero, non sono candidati l'uno contro l'altro armati. Su alcune cose siamo diversi. Alcuni equivoci di stampo statalista e dirigista che albergano in alcune parti del centrodestra non ci piacciono, alcuni approcci muscolari li respingiamo con dignità, per esempio a Segrate non si capisce perché non sia stata sostenuta la nostra candidatura. A volte vediamo una sorta di imbarazzo ma lasciamo gli alleati liberi di decidere».

E a Milano? Non manca molto al voto.

«Manca poco. Il mio obiettivo, ne ho parlato con Cristina Rossello e Fabrizio De Pasquale, è che emerga questo lavoro. Ci sono ipotesi su nomi provenienti dal mondo dell'impresa, proposte molto molto interessanti sulle quali lavorare. Mi auguro che una di queste si concretizzi, se così fosse il centrodestra andrebbe non solo alla vittoria ma a una stagione che riporti Milano a essere punto di forza di tutto il Paese. Da non milanese - sono cremonese - sono affezionatissimo al rito ambrosiano».

A volte la scelta del candidato pare esclusiva della Lega o dell'entourage del suo leader.

«Sono aperto a tutto, a me interessa che si tenga fede a questi criteri e noi lavoriamo a questo cantiere. Ma io non lascerei mai a un segretario di partito solo la possibilità di imporre un candidato, e Milano ha una storia troppo grande per scadere in una robetta come l'individuazione dispotica di un candidato da parte di un soggetto solo. Nessuno si arroghi il diritto di prevalere sugli altri.

Abbiamo un compito enorme e dobbiamo gestirlo con senso di responsabilità».

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