Milano ricorda Costantino l'«imperatore della croce»

Milano ricorda Costantino l'«imperatore della croce»

Fu vera fede? Ai posteri una mostra, da domani al 17 marzo 2013 a Palazzo reale, per capire quanto Costantino sia stato davvero «Il Grande» imperatore romano che Dante pone nel cielo di Giove, per via della sua conversione al Cristianesimo e che altri studiosi, invece, ritraggono come un lungimirante stratega. La sincerità della conversione dell'imperatore che regnò dal 306 d.C. al 337 d.C è una vexata quaestio fra le più torrenziali della Storia. Nel 2013 ricorrono i 1700 anni dell'editto di Milano con cui Costantino e il suo «collega d'Oriente» Licinio rendevano «licita» la religione cristiana, ponendo fine alle persecuzioni. I due augusti si incontrarono - diremmo oggi -in Corso Magenta, nell'immenso Palazzo Imperiale meneghino e avevano già chiara la via: «In hoc signo vinces», con questo simbolo vincerai. Questo sognò Costantino e da allora il monogramma cristiano - il Chrismon - divenne il suo marchio di fabbrica e, con quell'editto, Mediolanum si trasformò nella più moderna delle capitali dell'impero, primo centro di libertà religiosa dove pochi anni dopo sarebbe arrivato (sant')Ambrogio a completare l'opera. Prove tecniche di tolleranza sono alla base anche della moderna storia di Milano: per questo la mostra «Costantino 313 d.C., l'impero e la croce» è innanzitutto un'occasione. Curata dal Museo Diocesano con Paolo Biscottini e dall'archeologa Gemma Schena Chiesa, in collaborazione con Bracco e Credito Valtellinese, la mostra apre le celebrazioni per questo compleanno cui guardano con speranza anche protestanti ed ortodossi: i primi considerano Costantino l'esempio del dialogo possibile, i secondi da sempre lo vedono come il «tredicesimo» apostolo che rifondò la vecchia Bisanzio in Costantinopoli. Per i cattolici l'imperatore fu figura eccezionale. Il Cardinal Angelo Scola, lo scorso settembre, ha anticipato le linee guida delle celebrazioni costantiniane: convegni e una nuova Carta di Milano per riflettere, uniti, sulla rilevanza pubblica della religione. Così fece Costantino che nell'editto non parlò mai di religione di stato, ma solo di libertà di culto: «Si conceda ai cristiani la libertà di seguire la religione preferita». Fin qui l'editto parla di una grande apertura. Poi l'affondo tutto secolare: «affinché qualsivoglia divinità possa esser benevola». Per perfezionare questo «strumento di governo», Costantino pensò anche ad una «Donazione», contestatissimo falso storico fin dal Rinascimento. Di fatto cominciava così il potere temporale della Chiesa cui l'imperatore attribuiva oltre che terre anche sgravi fiscali. Insomma che la Chiesa fosse esente dall'Imu non è questione poi così moderna. In mostra si vedrà però innanzitutto tanta arte del periodo Tardoantico con 200 oggetti provenienti dai musei di mezzo mondo, da Vienna, Londra, Parigi, Roma e Washington e per la prima volta esposti insieme alle evidenze della Milano imperiale a partire da un prezioso strappo di affresco che adornava la via lastricata.

Ma non solo: una parte della mostra racconterà di Elena, santa e madre di Costantino che proprio ritrovando la vera croce di Gesù in Palestina, avvallò quanto la Storia aveva deciso per suo figliolo. Che, come dice il Sommo, «Poscia che Costantin l'aquila volse contro al corso del cielo», riportò appunto da Oriente in Occidente la fiducia ed un dialogo di cui tanto ancora oggi si ha bisogno.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica