Milano rilancia il mattone ma stavolta è fatto di Lego

Apre a San Babila l'ultimo store della catena E in vetrina c'è anche un Duomo in miniatura

Elena Gaiardoni

Alle 17.15 di ieri è stato spezzato il nastro in mattoncini rossi del nuovo negozio Lego in San Babila, corso Monforte 2, due piani, il più grande dei sei nati di recente, 270 metri quadrati di giocattolo alla vecchia maniera e anche sostanza: plastica. Brillano gli occhi di Carolina Bragoni, 11 anni, una delle tre vincitrici del concorso indetto dall'azienda: realizzare una figura con sei mattoncini. «Ho fatto un cagnolino bianco e nero, perché mi piacciono gli animali» dice Carolina, minuta, in mezzo alla folla, tra le pareti e le colonne gialle, bucate come gruviera da oblò trasparenti che contengono mattoncini di tutti i colori e formati.

Nella crisi del mattone, l'imprenditore bergamasco Antonio Percassi rilancia il mattoncino in patnership con la mitica fabbrica danese. Lego, contrazione verbale di «legt godt», gioca bene. Era il 1916 quando Ole Kirk Kristiansen, l'ideatore del tuttofare cubetto di plastica, iniziò la sua attività di giocattolaio a Billund, in Danimarca, dove tuttora la Lego risiede. A cent'anni di distanza, con il clima natalizio già acquattato in casa, Milano punta su uno dei passatempi manuali più divertenti, che ha visto la luce nel 1932, quando i cavalli a dondolo erano fatti ancora da Geppetto, e oggi sfida gli algoritmi di Bill Gates.

«Mio padre amava il mattoncino fin dall'infanzia - racconta Matteo Percassi, 39 anni, figlio di Antonio -. Quando smise di fare il calciatore comperò uno storico negozio di giocattoli in via XX Settembre a Bergamo. A ogni Natale io facevo le vetrine con i Lego. Oggi sono qui perché spero che l'azienda mi faccia fare ancora il vetrinista». Girano vassoi di panini alla Nutella e flut di bollicine, mentre tra «oh!» di meraviglia l'artista Riccardo Zangelmi, il primo e unico Lego Certified Professional italiano, scopre le sue sculture in mattoncini: un vaso di orchidee, una borsa azzurra, un'abat-jour. Il protagonista è lui, il mattoncino, un elemento semplice, studiato per assemblarsi con un suo simile e costruire qualsiasi cosa, senza bisogno di avere conoscenza di qualche particolare tecnica.

«Gli altri negozi sono partiti bene, questo è il nostro mattoncino all'occhiello e quindi ci auguriamo che sarà all'altezza del suo fascino» commenta Paolo Lazzarin, amministratore delegato della Lego. Un Duomo composto da tutti mattoncini bianchi campeggia in una delle vetrine. I bambini ambiscono a spade e bambole, indurli a chiedere un mattone per giocare fu a suo tempo una rivoluzione più forte dell'odierna elettronica, che li fece muratori della strenna, mansione intrigante sotto molti aspetti. Lo spazio di corso Monforte contiene l'«Immersion Portal», una stanza di pareti trasparenti, dove i bambini potranno osservare da vicino ambientazioni di fantasia che possono essere create con i Lego.

Il «Lego Minifigures Scanner» scannerizza la mano dei visitatori e riesce a creare l'alter ego dell'«indagato» in una figura ideale, da Babbo Natale all'infermiera al vigile urbano. C'è la «Digibox» che legge il codice a barre di una scatola di un set da gioco e lo anima su uno schermo, mostrando tutte le figure e i paesaggi che si possono realizzare.

Per gli appassionati di tradizione il negozio conterrà il «Pick a Brick» più fornito d'Italia, che permette di acquistare mattoncini sfusi nella scelta di pezzi disponibili. Il «build a mini» che presenta la scelta di tutti i minidettagli con cui rifinire una costruzione.

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