Franco Servello al Famedio fa cadere un muro. E lo fa cadere su una lettura faziosa della storia. La decisione di iscrivere il deputato e consigliere comunale del Msi fra i milanesi illustri è stata presa a Palazzo Marino da una commissione di cui faceva parte, con due assessori, anche il presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo, eletto con falce e martello. E le reazioni che ha scatenato sembrano dettate da riflessi ideologici. Alla cerimonia non parteciperà in segno di protesta l'associazione dei partigiani. Ed è difficile dire cosa ne penserebbe oggi un «comunista moderato» come Tino Casali, ma è senz'altro vero che nella storia repubblicana il rapporto fra uomini impegnati su fronti opposti, e a volte contrapposti, conservava spesso un profondo e discreto rispetto, suggerito dalla vita istituzionale che non faceva mancare la sorpresa di amicizie trasversali e lealtà insospettate. Nel giorno della commemorazione al Senato di Servello, per esempio, Stefano Lepri del Pd riconobbe la «genuina passione politica» di Servello, unendosi col suo partito «alla famiglia e alla comunità politica della quale ha fatto parte». Chi ha conosciuto Servello ricorda che vendette suoi immobili per ripianare i debiti del Msi. O che fece installare proprio sulla sua casa le antenne di «Radio University», la prima emittente libera di destra. E quelle che l'Anpi ha definito «nostalgie fasciste», gli amici di un'intera vita politica le contestano. L'ex ministro Ignazio La Russa ha ricordato che non fu mai iscritto al Partito fascista. E un eletto del Msi, Flavio Nucci, ricorda che Servello «non poteva essere fascista perché visse negli Usa dalla nascita (1921) al rientro in Italia (1943)», mentre «diventò anticomunista dopo l'assassinio dello zio».
Fu certamente di destra ma nel discorso di commiato dal Parlamento, quando annunciò al Senato l'intenzione di non ricandidarsi, ripercorse il senso della sua storia politica: «Appartengo, come tutti sapete, a un movimento politico che è presente sulla scena pubblica fin dagli anni difficili del dopoguerra». «Ebbene - aggiunse - posso dire oggi di aver contribuito a costruire, nel tempo, la piena legittimazione istituzionale di questa famiglia. Insieme a tanti che oggi non ci sono più, ho lavorato affinché la destra si mantenesse, non solo, come è ovvio, dentro la legalità democratica, ma anche perché cessasse di rappresentare il polo escluso della politica italiana».
E nel sito a lui dedicato compare una lettera a firma dell'allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in cui si legge che «ha dato un contributo di alta professionalità e senso dello Stato, nel rispetto assoluto di quei valori democratici nei quali l'Italia si riconosce». Nel resoconto stenografico della seduta del 22 ottobre 2014 in cui fu commemorato si legge: «Il presidente si leva in piedi e con lui tutta l'Assemblea».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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