Il Monti «cannibale» colpisce ancora. Il professore, sempre più politico, rischia di spolpare i partiti alleati, quelli che fin dall'inizio lo hanno spinto all'avventura del Terzo polo. E dopo la rabbia e la delusione in casa finiana, oggi tocca all'Udc. La base di Fli si è rivoltata contro Gianfranco Fini: il partito ha pesato poco nella trattativa sulle candidature. E anche l'Unione di centro ha dovuto ingoiare qualche rospo. L'ultimo riguarda proprio le liste lombarde. La sorpresa arriva alla Camera (dove peraltro il ritardo accumulato nella compilazione definitiva e ufficiale dei nomi è diventato notevole). Il segretario provinciale dell'Udc, Alessandro Sancino, ha deciso di candidarsi nella «Scelta civica» di Monti, al secondo posto in lista nella circoscrizione Lombardia 3. Bocconiano, ricercatore universitario, trentunenne, Sancino ha il profilo del perfetto montiano. E ha deciso di fare il salto e passare armi e bagagli alle truppe del prof. Ha conquistato una posizione eleggibile: sta dietro Andrea Mazziotti di Celso. «Lascio il partito senza polemiche - spiega Sancino - io sono montiano da sempre, per lo stile e il metodo Monti. E ho deciso di seguirlo». Gli altri capolista montiani sono Ilaria Borletti Buitoni in Lombardia 1 e il confindustriale Alberto Bombassei in Lombardia 2. L'uscita di Sancino, che riservatamente si era dimesso da giorni da segretario, era già stata preannunciata a Palazzo Isimbardi, dove il consigliere provinciale - eletto nel 2009 - ha cambiato nome al gruppo, composto col collega Roberto Biolchini. «Con Monti per l'Italia». Ora non è solo questione di nome ma di sostanza: l'Udc non ha più un gruppo suo in Provincia. E non è un dettaglio, dopo la recente uscita di due consiglieri anche in Regione - e il partito oltretutto non ha consiglieri comunali nella capitale del Nord.
Le liste Udc, comunque, dovrebbero schierare come capolista Paola Binetti, o un altro «big» romano, mentre per il secondo posto il derby interno è fra Pasquale Salvatore e Alberto Mattioli, visto che Pierluigi Mantini ha deciso di rinunciare: «Non è una questione di requisiti, quel posto è mio - ha rivendicato orgogliosamente ieri - ma ho deciso di non ricandidarmi per favorire il rinnovamento. Resto legato a questo progetto politico - ha spiegato - servirò le istituzioni in un altro modo e con altri incarichi, non bisogna avere l'ossessione del Parlamento, per quanto io lo rispetti, anche da giurista». Sui partiti del centro grava poi la madre di tutte le preoccupazioni: il traino del listone del Senato sulla lista alla Camera.
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