Ci siamo. «Siamo al penultimo passo» dice Pierfrancesco Majorino. L'assessore oggi incontrerà le associazioni religiose che ambiscono ad avere nuovi spazi per le loro attività. E tutto sembra ormai definito. Il Comune metterà a bando quattro aree in zone diverse della città. E lo farà per dare la possibilità di realizzare luoghi di culto. Si parla di moschee, ovviamente, anche se il Comune tiene a dire che non si parla solo di moschee. In realtà tutti sanno che la partita vera e sentita è quella dei minareti, o forse di altre chiese «minori» (per numero di fedeli): la Curia ambrosiana non parteciperà all'incontro, se non altro perché se deve soddisfare l'esigenza di nuove chiese può farlo, anche per via del regime concordatario, attivando strumenti ordinari, consolidati attraverso secoli di radicata e feconda vita civile.
Per tutti gli altri siamo al «penultimo passo» - dice l'assessore - perché nel vertice, convocato in via De Amicis, «stabiliremo le modalità di accesso al bando, chi può partecipare e con quali requisiti». E in effetti, dopo tre anni di indecisioni e retromarce, sembra che il Comune faccia sul serio. Le aree sono quattro. Una dovrebbe essere in zona viale Certosa. Il «Giornale» ha parlato nei mesi scorsi di una ex concessionaria - un'ipotesi su cui stava lavorando il consolato giordano a Milano. Ora si parla di un'area della famiglia Cabassi al Gallaratese (sempre via Certosa). Ancora «Repubblica» ipotizza che un'altra area possa essere stata proposta, sempre dai Cabassi, in zona Navigli, fra via Borsi e via Darwin. Poi ci sarebbe, a Lampugnano, l'ex Palasharp su cui il Caim e l'Istituto islamico di viale Jenner puntano e per il quale hanno già presentato pubblicamente un progetto. E il «Corriere» ha individuato un'altra soluzione negli ex bagni di via Esterle, vicino alla Casa della cultura islamica di via Padova. «Non dovrebbe trattarsi di vendita - dichiara Majorino - vedremo. Il bando sarà pronto fra un mese, sicuramente ci sarà la possibilità di costruire o ristrutturare aree degradate».
Superficie, usufrutto o altro, i tecnici starebbero vagliando nove aree e le soluzioni più appropriate per cederle. «L'importante è che possiamo costruire un luogo degno - dice il direttore della Casa di via Padova, Asfa Mahmoud - incontriamo l'assessore per sapere quali sono le condizioni, poi siamo pronti a iniziare una campagna per raccogliere le somme che saranno necessarie. La cosa che conta è che vogliamo essere come gli altri. Paghiamo le tasse, lavoriamo qui e vogliamo avere gli stessi diritti, anche quello di pregare in un luogo di culto dignitoso». Le associazioni islamiche scalpitano e si dichiarano in grado di raccogliere milioni di euro con una certa facilità.
Difficile, tuttavia, che l'operazione, partita così in ritardo, possa garantire ai fedeli musulmani milanesi e agli ospiti previsti per Expo la possibilità di essere pronti entro il grande evento del 2015, anche se una moschea vera e propria, sebbene parzialmente terminata entro Expo, resta il sogno degli imam. I politici, invece, stanno lavorando a una soluzione provvisoria e interreligiosa nelle aree Expo verso Rho.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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