Farmaci costosissimi, non alla portata di tutti o comunque difficili da reperire, ma indispensabili per continuare a vivere o almeno a sopravvivere in maniera accettabile. La malavita fa spesso leva sulle disgrazie altrui e le malattie - in particolare quelle più gravi e debilitanti o ancora peggio degenerative - sono un terreno su cui coltivare affari lucrosi assai. Lo aveva capito da un pezzo il dottor Giampaolo Giammassimo, 43 anni, all'apparenza solo il titolare più che legale della milanesissima «farmacia Caiazzo» - nell'omonima piazza tra la stazione Centrale e la zona Venezia - ma, com'è emerso dalle indagini, anche affiliato all'ndrangheta e in particolare alla famiglia Calabrò, della Locride. Passa per la criminalità organizzata infatti il business milionario portato a galla dai carabinieri del Nas (Nucleo antisofisticazione) in seguito a un'inchiesta svolta in varie province e che ha portato all'arresto del farmacista, ma anche dei direttori amministrativi e tecnici e dei consulenti: tredici persone in tutto, tra cui anche due cinesi e due egiziani, accusate di associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni dell'Erario, alle aziende farmaceutiche, all'autoriciclaggio, alla ricettazione dei farmaci, alla somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute e, infine, alla conseguente e fin troppo ovvia emissione di fatture per operazioni inesistenti. In manette è finito anche un maresciallo dell'Arma di 37 anni, fino all'arresto in servizio al Terzo Battaglione Lombardia ma in precedenza, secondo quanto spiegato ieri dagli inquirenti, allontanato proprio dal Nas per essere destinato a un altro ufficio.
La tecnica dell'organizzazione, che realizzava un giro d'affari intorno ai 20 milioni l'anno anche con Iran, Irak e Cina, consentiva di acquistare nelle aziende farmaceutiche ingenti quantitativi di farmaci molto costosi, a destinazione ospedaliera pubblica o privata, in particolare medicinali per cure oncologiche, virali, e per altre gravi patologie ad un prezzo scontato ex factory (cioè il costo di vendita del farmaco stabilito dall'Aifa prima dell'immissione in commercio del medicinale), fingendo che fossero destinati a strutture ospedaliere private italiane (sfruttando un fittizio accreditamento presso l'Aiop, Associazione Italiana ospedalità privata, che riunisce, appunto, le strutture di ricovero e di cura private). Il più famoso dei marchi utilizzati era il «Contramal», un potentissimo anestetico della famiglia degli oppioidi conosciuto come «droga del combattente», perché era già stato oggetto di altre inchieste: quando i siriani entrarono a Palmira nelle infermerie e nelle astanterie dell'Isis ne vennero trovate centinaia di casse perché tutti coloro che riportavano ferite ne assumevano in dosi massicce. Il farmaco non ha effetti a livello psicologico, ma eliminando completamente il dolore fisico faceva in modo che tutti i combattenti continuassero la loro missione sui campi da guerra senza mai lasciarsi andare.
I farmaci venivano anche «riciclati» e venduti all'estero a prezzi molto maggiori di quelli d'acquisto, tra l'altro esponendo a gravi pericoli per la salute gli utilizzatori, tramite una fiiera non
autorizzata e non controllabile ed utilizzando intermediari stranieri che in molti casi era addirittura estranei al settore sanitario. Per esempio, grosse forniture sono state destinate a ristoratori e impiegati di banca.
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