Nelle "social street" politica a senso unico "Parla solo la sinistra"

Dovevano essere gruppi di «buon vicinato» ma i consiglieri: «Noi bloccati e penalizzati»

Nelle "social street" politica a senso unico "Parla solo la sinistra"

«Qui non si parla di politica, soprattutto se non sei di sinistra». Le ultime decisioni del Comune su mercati e viabilità dei quartieri hanno aperto un nuovo fronte polemico, quello delle cosiddette «social street», croce e delizia dei residenti più critici col Comune.
Si parla di internet e pagine facebook. «Le "Social Street" - questo si legge sul sito del Comune di Milano - sono gruppi informali di cittadini impegnati nella promozione della socializzazione nel proprio quartiere, la collaborazione con le associazioni, lo scambio di esperienze la realizzazione di progetti di interesse comune». Il primo caso che si conosca è quello di Bologna 2013, quando un gruppo di residenti ha provato a sperimentare questa nuova forma socializzazione che poi ha dilagato in vario modo un po' ovunque. Il Comune - si legge nel portale di Palazzo Marino - «ha creato un registro che riconosce i gruppi informali come le social street e ne sostiene la funzione attiva nella partecipazione responsabile dei cittadini».

La filosofia è o dovrebbe essere quella del buon vicinato, aggiornato e rivisto coi nuovi mezzi tecnologici. Ma la politica ci mette lo zampino e per una strana combinazione i gruppi milanesi sembrano andare a senso unico. Così, i consiglieri di Zona 3, particolarmente impegnati in questi giorni in alcune discussioni che riguardano il quartiere, si lamentano: «Queste social street dovrebbero essere aperte a tutti - riflette Rita Cosenza, da anni consigliera municipale, oggi della Lega - Ora io non so chi e dove abbia stabilito le regole, ma pare che una delle regole sia che non si deve parlare di politica. Potrebbe anche andarmi bene per quanto improbabile, visto che significherebbe parlare solo di cose futili, chiavi smarrite o gattini. Però la mia impressione è che di politica non possiamo parlare noi, e gli altri sì». Rita Cosenza ha all'attivo diversi mandati, non è un'esordiente ed è abituata alla contesa politica, anche aspra. Ma vive questo fenomeno con la frustrazione di chi ha l'impressione di partecipare a una gara impari. «Le persone che hanno criticato il recente progetto di via Benedetto Marcello - racconta - sono state malamente apostrofate, ho chiesto conto di questo e non ho avuto risposta». Polemiche, spesso sgradevoli. Anche il capogruppo di Forza Italia in Zona 3, il mite Marco Cagnolati, ha qualche episodio da raccontare, con un tono fra il sorpreso e il divertito: «Io ho sempre un tono molto istituzionale - racconta - eppure una volta sono stato bloccato per aver condiviso un articolo su un rave abusivo. In un altro caso sono stato silenziato per aver semplicemente accennato al decreto Bersani. E poi ancora ho visto cancellare commenti e post». «Nel corso dell'anno - aggiunge Cosenza - vengono promosse iniziative come il gay pride. Bene, ma allora perché non si può fare altrettanto con manifestazioni dedicate alla famiglia? Qualcuno deve avere il bavaglio?».

«Io - dice - sono una consigliera, rappresento dei cittadini dentro un'istituzione - dice - non faccio propaganda, ho anche un compito di controllo e indirizzo, ma pare che solo noi non possiamo parlare, veniamo redarguiti, un po' come in Consiglio, dove ormai tutto viene bocciato per partito preso, e intanto un post della presidente di zona su un'iniziativa politica forse è ancora lì. Se la suonano e se la cantano, insomma».

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