No al ramadan all'Arena: «Così si svende un simbolo»

No al ramadan all'Arena: «Così si svende un simbolo»

Non si può dire che il quartiere accolga la decisione a braccia aperte. Dubbi sull'utilizzo dell'impianto per questo tipo di manifestazione, perfino contrarietà per la linea dei Paesi arabo-musulmani. Il Comune ha concesso ai centri islamici l'Arena civica, antico monumento dello sport milanese. E il quartiere sembra rispondere con freddezza. Basta farsi un giro nella zona del Sempione per verificarlo. Sembra un bis del 2008, quando una decisione simile riguardò il velodromo Vigorelli, e a causa di proteste sentite e insistite il Comune fu costretto a una rapida retromarcia dopo appena un venerdì di preghiera. Stavolta sarà un giorno solo, e gli umori - alcuni anche di ordine anche generale - tendono allo scettico. Il barista di piazza Lega Lombarda tiene il polso di questo clima: «Qui non se ne parla ora, e alla fine si farà perché il 19 agosto la gente di qua sarà già partita, ma non è una buona cosa». È sfiducia, la sua: «In certi paesi musulmani si rischia tanto, per molto meno che per una manifestazione politica o religiosa. Allora bene se lavorano, se fanno il loro, ma basta così». Sotto gli alberi si godono il fresco, ghiacciolo alla mano, due amiche appena oltre la mezza età. Parlano poco, ma sembrano centrare il problema: «Assolutamente contrarie, l'Arena non è stata costruita per pregare ma per altre manifestazioni». Altro giro, altra coppia: marito e moglie: «Di questa cosa non ne voglio discutere», taglia corto il marito. Davanti alla fermata del tram, proprio davanti all'Arena, madre e figlia pronosticano qualche scetticismo, legate alla peculiarità della zona: «Noi siamo di una via qui vicino, crediamo che la gente di questa zona non sarà contenta. È abituata a cose diverse, più ovattate». Il titolare di un chiosco di gelati non ne vuol sapere: «Affari? Sarà solo un giorno di rogne». «Perché noi non possiamo neanche costruire una chiesa da in certi Paesi? Anzi, non possiamo neanche berci un bicchiere di vino». Poco lontano il padre, 40 anni di lavoro in questa strada, approva: «Meno male che dura solo un giorno». Cinquantenne, con un bel pastore svedese al guinzaglio, passeggia dentro il parco. Il giudizio è più articolato: «Non sono contrario, ma...». Ma neanche entusiasta. «Se è un'occasione per conoscersi, facciamolo. È un giorno solo... Certo per l'integrazione ci vuole anche disponibilità a integrarsi. Io sono favorevole alla presenza di centri islamici, ma devono essere luoghi d'integrazione, non luoghi separati dal resto della città». Dentro un centro estetico l'opinione più possibilista: «Perché no? Certo, sarebbe meglio una moschea vera e propria ma insomma...perché no?». Proprio davanti passa una famiglia di immigrati.

La mente «politica» della casa è la moglie, velata, che spinge il passeggino con i due bambini: «Siamo contenti di venire qui da Loreto. Ma quel che manca è il muezzin, che annunci a tutta la città l'ora della preghiera, come in Marocco».

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