Nove milanesi su dieci bocciano la politica

Il terremoto in Regione Lombardia non fa bene a nessuno. Non solo perché rallenta l'attività amministrativa ma anche perché getta nel panico le imprese che operano sul territorio. E che per sopravvivere contano anche sui contributi del Pirellone.
Già il periodo è duro, se anche le istituzioni vacillano, le imprese si sentono abbandonate a se stesse. A farsi portavoce del grido di dolore dei manager lombardi è il presidente di Confcommercio e della Camera di commercio di Milano, Carlo Sangalli (nella foto): «Il mondo imprenditoriale - spiega - chiede di uscire al più presto dall'incertezza per assicurare in Lombardia la stabilità istituzionale. Noi avevamo chiesto di dedicare questa legislatura alle piccole e medie imprese e su questo siamo stati ascoltati. Adesso - sottolinea - occorre continuità nell'impegno».
In base a un'indagine della Camera di Commercio di Milano, nell'ultima settimana la sfiducia del 90% dei lombardi è cresciuta. E proprio ora che qualche piccolo segnale di ripresa si intravede, le certezze barcollano. Il 92,8% degli intervistati vuole ridurre i costi della politica con tagli drastici. «Ci arrivano segnali contrastanti, di forte disagio ma anche di qualche speranza di ripresa - spiega Sangalli fotografando la situazione delle piccole e medie attività - Dobbiamo lavorare per il rilancio dell'economia attraverso le alleanze tra imprese e rafforzando la collaborazione tra le istituzioni. Per fare questo è necessario assicurare anche sul territorio un contesto di stabilità istituzionale». E così dovrebbe essere, a giudicare dalla riconferma nella giunta formigoniana di Andrea Gibelli, l'assessore leghista a capo del dicastero alle imprese e alle attività artigiane in Lombardia.
A settembre gli imprenditori si sono lasciati andare a qualche giudizio ottimista su bilanci e futuro. A fronte di centinaia di chiusure e fallimenti, qualcuno è riuscito a guardare avanti. Tuttavia i manager si dicono preoccupati per affari e sorti del Paese: il 57% per l'economia italiana, il 45% per l'impresa.
Inoltre l'aumento dell'Iva, stabilito con la recente approvazione del dl stabilità, «inciderà di più sui redditi bassi erodendo il potere d'acquisto» lancia il nuovo allarme Sangalli. «Lo scambio più Iva meno Irpef non ci ha convinto» precisa sottolineando che si tratta di «scelte non utili alla crescita. Per cui chiediamo che vengano riviste». In particolare, secondo Sangalli, queste misure incideranno «su circa 10 milioni di cittadini fiscalmente incapienti». Inoltre, con l'inasprimento dell'aliquota ridotta (dal 10% all'11%), «si colpiscono settori fondamentali come i generi alimentari, il turismo e l'edilizia». E di sicuro non si dà una spinta alla ripresa.
Per fronteggiare la crisi, cresce per le imprese la voglia di essere in rete, sia per abbattere i costi (17%, +4% in un anno), sia per condividere risorse e conoscenze (15%, +5 punti). Se nel 2011 le aziende non interessate a costituire una rete erano il 65%, oggi la percentuale scende al 44%.
Sono 337 i contratti di rete depositati nel registro delle imprese a luglio 2012, per un totale di circa 2mila aziende provenienti da 90 provincie.

Il numero di imprese milanesi coinvolte pesa per l'8,3% del totale (155, prima provincia in Italia seguita, da Firenze e Roma), mentre a livello regionale sono il 23,9% (448). I settori più coinvolti: industria e artigianato.

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