Fine dell'impunità per i reati dei cosiddetti «antagonisti», l'ala estremista dei centri sociali abituati a fare a Milano il bello e il cattivo tempo. La Procura, rompendo una tradizione buonista che si trascinava da tempo, chiude il cerchio delle indagini intorno a 74 militanti dell'ala «dura», protagonisti di tre episodi avvenuti nel corso degli ultimi due anni. Il pubblico ministero Grazia Pradella contesta agli indagati di avere commesso reati, come l'adunata sediziosa o il lancio di fumogeni o la manifestazione non autorizzata, che gli antagonisti non si vedevano contestare da tempo, come se i relativi articoli fossero stati silenziosamente cancellati dal codice penale.
Ora l'inchiesta del pm Pradella riporta tutti bruscamente alla realtà, ricordando ai centri sociali che una serie di comportamenti esulano dai diritti costituzionali e infrangono la legge. Per tutti e 74 gli indagati - cui nei giorni scorsi sono stati notificati l'avviso di garanzia e l'avviso di conclusione delle indagini - la Procura si prepara a chiedere il processo. E il minuzioso lavoro di identificazione dei partecipanti agli episodi sotto inchiesta consente anche di gettare una nuova luce sulla composizione del melting pot antagonista: popolato in larga parte da giovani e giovanissimi alle prime esperienze politiche, ma con una significativa presenza di appartenenti alle generazioni precedenti. La «vecchia guardia» fa da maestra alle nuove leve. E tra i nomi degli anziani spicca quello di un protagonista della lotta armata negli anni Novanta, Antonio Budini, indicato già nel 1993 nei rapporti della Digos come esponete della Federazione anarchica informale, e arrestato in Spagna per rapina. Budini ormai ha 51 anni, ma nella folla di diciottenni e ventenni che popola le occupazioni antagoniste si trova, evidentemente, del tutto a suo agio. Il tipo di predicazione e di ascolto che personaggi simili possono trovare tra i giovani militanti dei centri sociali è elemento di forte preoccupazione tra gli inquirenti, che tengono alta la guardia in vista del picco di violenze che spesso si registra all'inizio dell'inverno. E da questo punto di vista è tutt'altro che tranquillizzante il ritrovamento effettuato durante le perquisizioni: oltre 20 candelotti di esplosivo, la quantità sufficiente per un devastante attentato dinamitardo.
«Vi conosciamo uno per uno», dice implicitamente la Procura agli esponenti dell'ala dura, con l'avviso di garanzia notificato in questi giorni. I tre episodi che hanno portato alla incriminazione dei 74 sono l'occupazione della «Bottiglieria Okkupata» di via Savona, iniziata il 15 giugno 2010 e conclusa dallo sgombero del successivo 14 ottobre; la manifestazione di protesta inscenata il 7 dicembre dello stesso anno davanti alla Scala; il presidio al carcere di San Vittore del 16 giugno 2011 indetto per protestare contro l'arresto di due anarchici.
Il presidio a San Vittore è l'episodio per cui scatta il maggior numero di incriminazioni: quaranta militanti vengono indagati per radunata sediziosa per la manifestazione «concretizzatasi sia in numerosi slogan urlati contro il sistema carcerario e all'indirizzo dei detenuti (i quali venivano sostanzialmente istigati a ribellarsi al trattamento penitenziario) che nel frastuono prodotto colpendo ripetutamente con oggetti metallici la cancellata dell'Istituto scolastico sito dinnanzi al carcere, oltre che nella realizzazione di scritte dal contenuto istigatorio sulle pareti esterne di San Vittore, nel lancio di petardi e di fumogeni contro l'edificio carcerario e nelle azioni di danneggiamento compiute su due autovetture».
Dieci i denunciati per la manifestazione in piazza Scala a Sant'Ambrogio del 2011 «concretizzatasi nell'uso sistematico di megafoni (in violazione dell'espresso divieto impartito dal Questore)» e soprattutto nell'utilizzo di «violenza e minaccia al fine di opporsi agli ufficiali e agli agenti di polizia che cercavano di contenere la protesta entro lo spazio ad essa destinato» oltreché di «bombe carta e altri artifizi pirotecnici così come uova e pomodori scagliati all'indirizzo del personale della Polizia»; uno solo dei partecipanti è accusato anche di lesioni aggravate ai danni di due carabinieri.
Trenta, infine (sei dei quali ricompaiono anche negli episodi precedenti) i denunciati per l'occupazione di via Savona, dove «occupavano arbitrariamente lo stabile privato presidiandone costantemente l'ingresso e rinforzando la chiusura del cancello mediante tubi Innocenti che rendevano necessario l'impiego di una ruspa per scardinarlo, e si dotavano di tutta una serie di strumenti quali petardi ed artifici che scagliavano poi contro le forze di polizia».
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