Sono una sessantina, raccontano la nostra storia e soprattutto l'italico ingegno. Sono i custodi del made in Italy, contengono foto, prototipi, documenti, video, locandine, oggetti vari che raccontano com'è cambiato il Bel Paese negli ultimi sessant'anni. Sono i musei d'impresa e si sono riuniti ormai da oltre un decennio in un'associazione per promuovere il loro patrimonio (circa 400mila prototipi e oltre 4milioni di scatti, solo per dare qualche numero).
Al Palazzo della Ragione di Milano ha aperto una mostra che celebra questi «musei del fare» capaci, nelle loro sedi sparse ovunque lungo lo Stivale, di attrarre un milione di visitatori l'anno. Il meglio delle diverse collezioni è per la prima volta raccolto e raccontano nell'esposizione «Che storie! Oggetti, miti e memorie dagli archivi dei musei d'impresa» (fino al 12 maggio, ingresso libero). Curata da Davide Ravasi, la mostra provoca una vertigine per la varietà di oggetti, poster, modelli, opere che vi sono raccolte. Una vertigine intrisa di nostalgia perché moltissimi sono gli oggetti esposti legati a ricordi, personali o familiari.
Suddiviso in quattro aree tematiche, il percorso si apre con la sezione «Storia e Memoria», che presenta documenti inediti e particolari come i taccuini di Ermenegildo Zegna, il fondatore del noto marchio di abbigliamento e tessitura nel Biellese. Che cosa scriveva? Gli orari di ingresso e di uscita al lavoro. I «padri» di marchi ora di grande rilievo, come Alberto Zambon, fondatore della casa farmaceutica, erano uomini cui non sfuggiva nulla: esposte in mostra pagine di appunti di lavoro e anche annotazioni sulla vita quotidiana in azienda, compreso i colloqui di lavoro.
Si procede con «Mito e Passione»: ci sono i modellini di Depero per le campagne futuriste di Campari e i deliziosi acquarelli di Folon commissionati da Eni, un tocco di colore leggiadro rimasto nell'immaginario di molti. Il grande Etttore Sottsass ha messo il suo estro al servizio della Olivetti per la mitica «Valentine» del '68. Se si parla di miti, poi, non poteva mancare lei: Marilyn. La Monroe è ritratta con addosso delle scarpe di Ferragamo, tratte dal museo della scarpa della maison, create nel '59 e famose per il vertiginoso tacco a spillo in coccodrillo.
Intrigante la terza sezione, «Scoperta e Meraviglia», che riflette sulla genesi creativa che sta alla base del design industriale: il guizzo, l'idea giusta, l'intuizione spesso arrivano nei momenti più inaspettati. Com'è successo per Juicy Salif, unico spremiagrumi al mondo assurto all'onore di opera d'arte ed esposto al MoMa di New York. Philippe Starck lo concepì su un tovagliolo, mentre era a tavola ad aspettare una pizza. Alessi lo produsse, ed è diventato un cult.
La mostra si chiude con «Identità e Innovazione», un modo per dire che non può esserci futuro senza passato e che le
grandi aziende non devono mai dimenticare da dove sono partire, perché anche da lì possono arrivare le idee. Come è accaduto alla Piaggio che, preso un vecchio prototipo degli anni Quaranta, l'ha modernizzato creando la 946.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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