Ieri si è tenuta davanti al tribunale del Riesame l'udienza per valutare il ricorso dei sette giovani finiti agli arresti domiciliari per gli scontri del 6 maggio scorso all'Università Statale. Dopo lo sgombero della ex libreria universitaria Cuem, alcune decine di militanti dell'ultrasinistra erano venuti a contatto con polizia e carabinieri. Dopo alcune settimane di indagini, i più esagitati erano stati arrestati. La decisione sul loro ricorso si dovrebbe conoscere oggi.
Nell'attesa, una lettura interessante è costituita dal dossier che i compagni degli arrestati hanno depositato ieri ai giudici, che riporta tra l'altro alcune lettere inviate al «collettivo» da docenti della Statale che erano stati invitati a non restare indifferenti rispetto a quanto accaduto. Scrive il professor Alessandro Zucchi, dopo avere premesso «il rettore Vago ha sbagliato a chiamare la polizia»: «Se voi odiate gli indifferenti io detesto i cazzoni (...) Me la prendo perché l'altro giorno avete imbrattato lo spazio di fronte all'aula magna come se fosse cosa vostra e non cosa di tutti, scrivendo slogan da mentecatti come più sbirri morti. É su questo che mi chiedete solidarietà? Me la prendo perché tra le altre cose avete usato lo spazio dell'ex Cuem per fare dei party, lasciandovi dietro una quantità di immondizia e sporcizia che neanche il circo Barnum e rivelando così, a dispetto delle vostre proteste contro lo sfruttamento, di avere le idee chiarissime sul fatto che al mondo ci sono quelli che possono sporcare e i poveracci che devono pulire». Il professor Andrea Zhok: «Potrebbe essere una buona idea utilizzare l'istituzione che vi ospita per chiarirvi le idee intorno a cosa sia un diritto. Scoprirete che nessuno ha ancora contemplato il diritto di occupare un luogo pubblico per farne uso privato, arbitrario e deregolamentato». E Rossella Fabbrichesi: «Vedere i poliziotti nel cortile del Filarete non è stato bello, ma vedere invaso lo spazio davanti all'Aula Magna con brutta musica a tutto volume, mentre migliaia di persone cercavano d continuare a lavorare, studiare, leggere è stato altrettanto doloroso. Non chiedete giustizia se non avete rispetto».
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