Ousseynou Sy non mostra segni di pentimento. Lo rifarebbe cento volte. Il senegalese che ha sequestrato un bus con a bordo 51 ragazzini non chiede scusa per quanto accaduto. Rivendica con forza il suo gesto e di fatto davanti ai magistrati spiega i motivi dell'attacco al pullman: "Pentito? Nessun pentimento. Era una cosa che dovevo fare e che rifarei. Cento volte. Perché l’ho fatto? Per mandare un segnale all’Africa. Gli africani devono restare in Africa".
Parole che pesano e che di fatto sottolinenano quanto fosse determinato l'uomo nel suo piano di morte. Come riporta ilCorriere le parole di Sy sono la conferma della matrice stragista del gesto dell'autista. Non teme nemmeno il giudizio e il lungo processo che dovrà affrontare: "Non fa niente, l’avevo messo in conto. Volevo un’azione eclatante, il mondo doveva parlare di me", confida al suo avvocato. Che invece sembra propendere per un'infermità mentale: "A mio giudizio ha dato seri segni di squilibrio e la maniera che ha avuto il gip di portare avanti l'interrogatorio è stata volta a verificare questo aspetto", ha detto l'avvocato Davide Lacchini, "A lui non interessava il riflesso nazionale, ma l'impatto di livello internazionale che la sua azione poteva avere. Voleva andare a Linate da solo. Oggi come ieri ha costantemente ribadito che non voleva fare del male ai bambini". "Sentivo le voci dei bambini in mare che dicevano 'fai qualcosa di eclatante per noi ma non fare del male a questi bambini", ha infatti detto Sy.
Ma di fatto, ora, dopo l'attacco al bus, per lui si sono già spalancate le porte dle carcere di San Vittore. Lì lo hanno accolto gli altri carcerati a colpi di uova e arance. Un lancio fitto contro la sua cella. I detenuti non gli hanno permesso di chiudere occhio. Si trova nel quinto raggio, quello dei protetti, i detenuti che non possono stare insieme agli altri. Nel codice carcerario chi colpisce i bambini ha una pena "accessoria" che si consuma proprio nel rapporto quotidiano con gli altri carcerati. La regola non cambia per Sy che ha dovuto fare i conti con questa realtà. Lui si presenta in cella con una maglietta binaca e dei jeans. Sopra una camicia a scacchi. Ai piedi le ciabatte.
Come riporta ilCorriere i suoi indumenti, quelli che indossava sul bus, sono andati in parte bruciati. L'ultimo segno di una giornata di follia che ha segnato forse per sempre la vita di 51 ragazzini e dei loro insegnanti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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