Quattro aggravanti per un omicidio: sufficienti per chiedere la condanna all'ergastolo di Ivan Gallo, il rapinatore che nel marzo scorso uccise nel suo negozio di via dell'Orso il gioielliere Giovanni Veronesi. Ieri il pubblico ministero Giancarla Serafini ha chiesto per Gallo il carcere a vita, pur avendo escluso la premeditazione. «Era pronto a uccidere, ma il suo obiettivo non era quello, tanto è vero che si è presentato nel negozio a mani nude», ha affermato il pm. A giustificare la richiesta del massimo della pena restano comunque i futili motivi, la finalità di rapina, la crudeltà con cui venne ucciso Veronesi e l'essersi approfittato della impossibilità della vittima a difendersi, dopo che la porta blindata si era chiusa e nessun cliente occasionale poteva intervenire in suo aiuto.
Nel corso del processo, che si svolge con rito abbreviato davanti al giudice Alfonsa Ferraro, Gallo ha preso la parola ed è scoppiato più volte in lacrime mentre affermava «non lo volevo uccidere». Il rapinatore, che conosceva Veronesi avendo impiantato il sistema di allarme nel negozio, ha sostenuto di avere agito per disperazione e per necessità, e di essere talmente pentito da avere tentato il suicidio in carcere. Le guardie gli avrebbero sequestrato una ventina di compresse di ansiolitico accumulate per farla finita. «Ho rinunciato a farla finita - ha detto Gallo tra le lacrime - solo pensando alla mia bambina che ha quattro anni».
Ma lo sfogo dell'imputato non ha commosso i parenti dell'orefice assassinato.
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