Poliziotti antennisti per arrestare la pusher di shaboo

Il travestimento degli agenti porta in cella la spacciatrice

La squadra investigativa del commissariato Comasina era al lavoro da una settimana. Cioè da quando alla Bovisa, in via Candiani, un filippino di 23 anni era stato fermato con tre grammi di shaboo addosso. La pesante droga sintetica detta anche ice perché si presenta in cristalli, si sa, ha forti caratteristiche etniche: è sì molto pericolosa (dieci volte più potente della cocaina) ma è anche vero che per ora viene spacciata e consumata esclusivamente nell'ambito della comunità filippina e cinese, che la vende a prezzi altissimi, per una media di 80-100 euro. Così, mentre pedinavano il giovane, la polizia ha notato che il ragazzo frequentava assiduamente la zona dietro gli edifici del Campus del Politecnico, oltre la Bovisasca, in particolare gli stabili di via Lorenzo Castelli, nel quartiere di Quarto Oggiaro. Dati dell'ufficio anagrafe del Comune alla mano, gli agenti hanno scoperto che nel condominio viveva una connazionale del pusher, una clandestina di 39 anni, e hanno concentrato l'attenzione su di lei.

La trappola scatta venerdì in mattinata. In tuta e con gli attrezzi, in perfetta tenuta da antennisti, gli investigatori di Comasina si presentano nel condominio e una volta all'interno aspettano pazienti, fino a quando la signora non apre la porta dell'appartamento, verosimilmente in procinto di uscire. A quel punto fanno irruzione in casa dove trovano trenta dosi di shaboo già pronte, che la filippina vendeva a una cifra inferiore a quella di mercato, 70 euro a dose. Sempre nell'appartamento gli investigatori sequestrano duemila euro in contanti e altri sette grammi di cristalli «interi», da cui si possono ricavare anche una settantina di dosi.

«Con ogni probabilità la donna vendeva lo shaboo ad altri spacciatori, che la commerciano in strada, ma anche direttamente ai clienti tra i quali sappiamo c'erano diversi italiani» ha spiegato Antonio D'Urso, dirigente del commissariato Comasina.

Lo shaboo è stato creato per la prima volta alla fine dell'Ottocento in alcuni laboratori giapponesi, poi si è presto diffusa in Thailandia e nelle Filippine, da cui proviene ancora oggi, con l'eccezione di alcuni laboratori che si trovano nei Balcani. Abbiamo parlato di «droga etnica»: i principali consumatori sono infatti gli immigrati filippini che vivono a Milano. Di recente però è sempre più frequente la richiesta da parte dei milanesi.

A spacciarla e a gestire il traffico, però, sono soprattutto cinesi, che controllano mercato e prezzi. Periodicamente infatti si dice sospendano lo spaccio di questa sostanza fortemente eccitante, che può far restare svegli per giorni interi, proprio per tenerne alto il prezzo.

Inoltre mentre un tempo l'uso della shaboo pare fosse utilizzata solo ed esclusivamente dagli operai filippini per mantenersi svegli e attivi durante

lunghe giornate di lavoro, oggigiorno pare sia esattamente il contrario: sarebbero le nuove generazioni, appartenenti a classi sociali di un certo livello (e con evidente disponibilità economica) a fumarla per «diletto».

PaFu

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