Quelle grafie perfette come chip elettronici

La Divina Commedia, il Convivio, la Vita nova in manoscritti antichi che risalgono anche al 1300 e 1400

«Come si chiama il tuo editor?». «Dante». «Però che nome augusto. Parlate molto?». «Parlare, mai». «E allora come ti aiuta a scrivere?». «Mi fa passare dall'Inferno, al Purgatorio, al Paradiso in solitudine».

Immaginavamo questo dialogo tra due scrittori contemporanei nell'osservare i manoscritti e le prime stampe della Divina Commedia nella sala del Tesoro del Castello Sforzesco, dove la mostra «Il collezionismo di Dante in Casa Trivulzio» espone antichi libri raccolti da Gian Giacomo Trivulzio (1774 - 1831), accademico della Crusca e amico di Vincenzo Monti. Se dentro l'universo teorico dell'eterno ritorno il tempo è una spirale, la luce dell'ultimo futuro si condensa all'ombra del primo passato e chi ama i libri se lo augura, perché vorrebbe tornare a prototipi di volumi simili a quelli visti al Castello.

Perché l'uomo scrive? Si tratta di dare una forma tangibile e tramandabile a una solitudine relazionale, e lo si tocca davanti a pagine del 1300, '400, '800, calligrafate con perizia d'orafo, vergate ma soprattutto scritte come se nella traccia della parola trasalissero il ritratto della pittura e il corpo della scultura insieme. La scrittura nasce come arte in se stessa, al di là di quanto possa significare. La trascrizione a mano di opere quali la «Vita Nova», «Il Convivio» e il «De vulgari Eloquentia» non era spinta dalla paura di perdere quei testi, ma dal puro diletto di riprovare attraverso il rapporto medianico con inchiostro e carta la prima bellezza con cui furono concepiti, perché Dante fu scrittore e editor insieme, come tutti gli scrittori del passato. Abbiamo paura del termine «medianico», tanto è vero che abbiamo preferito trasformalo in «mediatico», e non sappiamo che twit e messaggi Facebook osservano lo stesso principio relazionale solitario senza salvare il fine primo: la bellezza eterna così creativa da infondere creazione per tutto il tempo a venire dopo di essa.

Le opere, dell'Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana del Castello Sforzesco di Milano, sono esposte in occasione dei 750 anni della nascita del poeta, in collegamento con Expo. Ci sono manoscritti, uno del «De Vulgari Eloquentia» della fine del XIV secolo, uno della «Vita Nova» del 25 maggio 1425, un altro del «Convivio» del 1826. Nessuno di questi libri conoscerà il cimitero in cui vengono portate le copie non vendute delle centinaia e centinaia di titoli pubblicati. Queste pagine vivono, perché la loro scrittura è segno sorgivo di vita in vita.

«Comincia la Comedia di dante alleghieri di fiorenze nella qle tractadelle pene et punitioni de vitii et demeriti et premii delle virtù. Capitolo primo della prima parte de questo libro lo quale sechiama inferno: nel quale lautore fa prohemio ad tucto eltractato del libro». E' questa l'unica introduzione alla Commedia di Johann Numeister ed Evangelista Angelini datata 11 aprile 1472. L'«edizione» è priva della «N» miniata dell'inizio. Il primo canto attacca: «El mezzo di cammin di nostra vita».

Impressionante il manoscritto cartaceo datato 15 marzo 1435 con le chiose di Benvenuto da Imola, impressionante la calligrafia degli appunti tanto minuscola e perfetta da sembrare i labirinti dell'anima di un computer, la mappa di un chip.

Oggi è il compleanno di Borges, che leggeva la Commedia «nei silenziosi e lenti tranvai» di Buenos Aires. Per un attimo abbiamo sognato di poterla leggere su uno dei manoscritti sulla panca in legno del tram 1.

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