«Se interveniamo siamo indicati come picchiatori, ci danno dei fascisti e impersoniamo il male. Quando facciamo azioni più blande allora sostengono che siamo di sinistra, che non contiamo nulla...La polizia spesso viene usata come pretesto per qualsiasi cosa. E ogni volta che c'è un problema c'è sempre qualcuno che prova a tarparle le ali o a restringere il suo campo d'azione»
Mauro Guaetta, segretario provinciale milanese del Siulp (il sindacato di polizia che conta il maggior numero d'iscritti in Italia, ndr ), non si meraviglia di quel che è accaduto. Una donna romena di 37 anni, Ionica D., da venerdì risulta infatti indagata dalla Procura di Milano per calunnia in concorso con la sorella e un'amica dopo che a novembre, dopo aver abortito quando era incinta di sei mesi, aveva raccontato ai medici di essere stata colpita due giorni prima da una manganellata sferratele alla pancia da un poliziotto nel corso di una manifestazione contro gli sgomberi delle case, al Corvetto. La donna, occupante abusiva, era stata sentita dopo l'aborto in Procura e aveva dichiarato che «mentre sollevava da terra una bambina piccola per metterla in salvo, riceveva ingiustificatamente colpi di manganello da parte di un poliziotto» al «fianco sinistro», mentre «un secondo colpo andava a vuoto e colpiva di striscio al volto la bambina». Accuse, scrive la Procura, «rinnovate» nei verbali successivi. Risultate false quando una testimone ha spiegato ai giudici che aveva ricevuto pressioni per accreditare la versione delle manganellate, ma anche in seguito agli accertamenti medici sul feto che hanno accertato che l'aborto si è verificato solo per problemi fisiologici interni.
«Credo che puntare il dito contro la polizia sia un fatto culturale, tipicamente italiano - conclude il numero uno del Siulp a Milano -. In fondo lo sanno tutti che abbiamo un ruolo sociale importante e non godiamo delle garanzie dei colleghi di altri Paesi. Dove il poliziotto è colui che garantisce i diritti dei cittadini. E su questo non si discute».
Massimiliano Pirola, che ha ricevuto l'Ambrogino d'Oro nel 2002 per aver sventato un attentato alla metropolitana di Milano e ha al suo attivo circa 3mila arresti, è vicesegretario provinciale del Sap (Sindacato autonomo di polizia). «Me la ricordo benissimo questa vicenda. Girava un video online in cui la donna indicava, a una giornalista che la intervistava durante la manifestazione, un collega con la barba. È stato lui! gridava. Postai un commento sul mio profilo Facebook, scrivendo che bastava puntare il dito contro questo o quel poliziotto, quindi sarebbe partita un'indagine interna e il poveretto sarebbe stato costretto innanzitutto a difendersi, naturalmente a spese sue. Siamo al paradosso: noi rischiamo la vita! Meno male che stavolta tutto è finito per il meglio perché come polizia, viviamo un periodo di grande malessere».
«Da una parte siamo contenti che le insinuazioni su quel che avremmo fatto e in realtà non è accaduto sia emerso in tutta la sua evidenza: ci dipingono troppo spesso come mostri - commenta Emanuele Brignoli, segretario regionale Ugl polizia di stato -. Dall'altra è veramente triste che ogni volta che veniamo accusati di nefandezze, che finiamo sui giornali passando per picchiatori, poi risulti tutto falso. Vogliamo rispondere del nostro lavoro. Sono in troppi a non credere che cerchiamo solo di farlo nel migliore dei modi».
Carmelo Zapparrata, segretario provinciale Silp Cgil, non usa mezzi termini.
«Fatti come questo dimostrano che i poliziotti sono sempre dalla parte della giustizia. E come non difendiamo gli indifendibili, non accettiamo attacchi a una delle istituzioni più importanti del Paese. È grave comunque che una madre utilizzi un fatto tragico come un aborto per accusare noi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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